mercoledì 11 novembre 2015

NO GENDER


Pregare sempre


Quando Dio parla si capisce...


Beata solitudo, sola beatitudo

Beata solitudo, sola beatitudo (o beata solitudine, o solitaria beatitudine)
C'è chi attribuisce questa espressione a Seneca e chi a San Bernardo... 

Io ho sperimentato su di me che la solitudine è un dono grande. 

Gesù solo ha voluto andare nel deserto. Solo si ritirava a pregare. Solo nella sua Passione chiese di vegliare con lui. Attenzione non semplicemente di stare con lui ma di vegliare con lui... e poi trovò i suoi apostoli addormentati. 
Tutti siamo un unico corpo, il Suo. 
Ciascuno a Lui deve obbedire. 
Penso ci sia un profondo legame tra il nostro profondo, la nostra solitudine e la libertà. 
Nella coscienza, se viviamo in grazia, parla Dio perchè siamo, ciascuno di noi, tempio dello Spirito Santo. Cose troppo grandi perfino da pensare... eppure è proprio così. 
Grande è la Misericordia, Immensa... ma siamo noi sempre a mettere il limite. 
Sogno e voglio, come diceva uno più grande di me, una Chiesa che non si muova con il mondo... ma che muova il mondo! 
Siamo tempio dello Spirito Santo e parliamo sempre noi... 
Bò... non so se rendo l'idea. Siamo nel mondo ma non del mondo, il sale della terra non per meriti ma per chiamata. 
Siamo tutti noi una cosa unica, la Chiesa... e come spesso dico a molti amici e amiche tutti noi siamo tra di noi più intimi che a noi stessi: condividiamo lo stesso Corpo e lo stesso Sangue. 
Solo Dio conosce il cuore dell'Uomo e che allora il nostro cuore sia quello di Gesù: squarciato.

giovedì 5 novembre 2015

Misericordia e Verità: uno scisma nella Chiesa?

Nella Chiesa Cattolica è reale la possibilità di uno scisma: molti in ambito teologico, patristico, dogmatico e canonico stanno affermando questo.

Un proverbio dice che “colui che avvisa non è un traditore”

Il “Nuovo Testamento” e la Rivelazione di Cristo si completano.
Dio è amore, ma prima ci ha insegnato che è Onnipotente, che è il Signore, che è un Giudice.
Un Giudice amorevole, padre, misericordioso ma un giudice.

Siamo arrivati a disprezzare il concetto di Dio come Giudice o a trattare un giudice al pari di un criminale.
Gesù assume i Dieci Comandamenti come qualcosa che non si può sopprimere: nessuno può farlo.

Oggi la situazione è grave: si disprezza la morale e molti cristiani dicono che il Cristianesimo non è un moralismo ma per giustificarsi dal proprio comportamento etico al limite tra lecito e illecito.

Si muta il cristianesimo in sentimentalismo e la relazione con Dio in qualcosa di unicamente sentimentale. Di conseguenza si pensa di poter fare quello che si vuole nella propria vita e si pretende che Dio sia contento.

Si dice: “Dio è Misericordia” per giustificare tutto.

Si mette la Misericordia contro la Verità perche la verità è relativa, non è assoluta o non è oggettiva. Si negano così 2.000 anni di pensiero cristiano in nome del “mio” pensiero oltre che per i concetti e definizioni di questa contrapposizione retrocedere culturalmente a un’epoca anteriore a Socrate.

Gesù dice: “sono la Via, la Verità, la Vita”. Non si può arrivare alla Vita se non attraverso la Verità e percorrendo una Via. La Misericordia di Dio, essendo infinita, è limitata dall’uomo.

L’uomo non condiziona il perdono di Dio, ma la restrizione del Suo perdono.
La Misericordia è un regalo, non un diritto.

La Santa Comunione non è un diritto: è un dono. Essere sacerdote è un dono.
Davanti a Dio non abbiamo diritti ma solo gratitudine.

La Misericordia di Dio è sempre a un millimetro dalla nostra pelle e per togliere quella minuscola misura occorre pentirsi e chiedere perdono. Fare ammenda e impegnarsi a non commettere più il peccato. Solo così la Misericordia, che già è uscita dal cuore di Dio, ci inonda e la possiamo sperimentare come qualcosa di meraviglioso e un regalo al quale non abbiamo diritto.

Il ringraziamento che si deve è in opere concrete e non solo in sentimento.

Il primo atto di misericordia che Dio ha avuto per noi è stato dirci la Verità.

Siamo arrivati a considerare Misericordia la menzogna e l’inganno: pensiamo di essere misericordiosi quando inganniamo e mentiamo. Se una persona è malata non possiamo dirle che è sana.

Si può ricevere il Corpo e il Sangue del Signore se si è eticamente preparati (“sono la Via”), se si è dogmaticamente preparati (“sono la Verità”), se si accettano gli insegnamenti della Chiesa e se si è in Grazia di Dio (“sono la Vita”): questa è la Tradizione di 2.000 anni e per questo la Chiesa non può accettare alla Comunione i protestanti.

I divorziati risposati che non abbiano ottenuto la nullità del matrimonio non possono, quindi, accedere all’Eucaristia proprio per una questione di “Via”, “Verità” e “Vita”.

Aprire una porta a chi non è nelle condizioni, non è atto misericordioso ma menzogna e inganno.
Chi siamo noi, quando è Cristo che ha stabilito le condizioni? Chi è più di Cristo?

Occultare 2.000 anni di Tradizione della Chiesa e la Parola di Dio, far mangiare indegnamente il Suo Corpo e il Suo Sangue è condannare una persona, come ricordano le Scritture.
A chi è in peccato mortale, concedere la comunione non è fargli del bene e si danneggia gravemente pure la comunità che va verso una divisione, a uno scisma.

Non si può andare contro gli insegnamenti di Gesù Cristo.

Nessuno. Assolutamente nessuno può nella Chiesa Cattolica dire: “avete udito che Gesù disse, ma io vi dico”, perché solo Gesù è il Figlio di Dio e nessuno nella Chiesa Cattolica è dio al di sopra di Dio, al di sopra di Gesù Cristo.
Se qualcuno pretendesse di esserlo è automaticamente fuori dalla Chiesa stessa.


Omosessualità e Catechismo della Chiesa Cattolica


2357 L’omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un’attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, [Cf ⇒ Gen 19,1-29; ⇒ Rm 1,24-27; 2357 ⇒ 1Cor 6,10; ⇒ 1Tm 1,10 ] la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 8]. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.

2358 Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.

2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.

Papa Francesco cosa farà alla Sua banca?


PAPA FRANCESCO ALLE BANCHE ...

Papa Francesco ricevette poco tempo fa in udienza i dirigenti e i dipendenti, con i familiari, della Banca di Credito Cooperativo di Roma. 

I circa settemila presenti in Sala Nervi hanno accolto il Pontefice con un'ovazione.

Le parole del Papa ai bancari sono state come sempre molto chiare:

"Far crescere l'economia dell'onestà. A voi è chiesto non solo di essere onesti - questo è normale - ma di diffondere e radicare l'onestà in tutto l'ambiente. Più economia dell'onestà: in questo tempo l'aria della corruzione viene dappertutto. Continuate ad essere un motore che sviluppa la parte più debole delle comunità locali e della società civile, pensando soprattutto ai giovani senza lavoro e puntando alla nascita di nuove imprese cooperative. Essere protagonisti nel proporre e realizzare nuove soluzioni di welfare, a partire dal campo della sanità. Preoccuparvi del rapporto tra l'economia e la giustizia sociale, mantenendo al centro la dignità e il valore delle persone. Al centro sempre la persona, non il dio denaro, sempre la persona..."

Tradizione Magistero Sacre Scritture


Croce e Ascetica

AVE CRUX, SPES UNICA - Croce e Ascetica dei cattolici di oggi

“Ascesi” non è una parola tipicamente cristiana. Ma bisogna assumere questo termine anzitutto nel senso generale di “esercizio”.

Essere e vivere da cristiano è un esercizio. Essere cristiani è ricevere la condizione di un discepolo, il che significa che io a poco a poco assumo i contorni del discepolo, determinato da altro, il Signore.

L'ascesi cristiana non è soltanto genericamente sinonimo di esercizio, ma è, nello sfondo generale dell'esercizio, sinonimo di rinnegamento. Rinnegamento vuol dire dirsi dei no e dire dei no. Il mio dire dei no non è essere negativo o autolesionista ma è un dire dei sì al mio essere discepolo, alla mia verità che riconosco nella verità dell'uomo che è Cristo. “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.

E qual è quella CROCE?

Non ci viene chiesto di caricarci di chissà quale cosa, ma di prendere la croce dell'essere discepolo per diventare discepolo e per seguire lui, il Maestro.

La Madonna ci ricorda che la via della gioia è quella della croce.
Questo significa che la croce più difficile, la croce più vera, quella della nostra autenticità e della nostra libertà, è di accettare di essere discepoli di Gesù.

I primi a protestare di fronte al Vangelo del Signore non sono gli altri (anche se noi gridiamo: “gli altri...” oppure desideriamo che “gli altri siano più evangelici”), i primi a protestare e a non voler essere evangelici, ad adattare il Vangelo a nostra misura, e quindi a non voler essere discepoli, siamo precisamente noi.

Nella misura in cui si sa “vedere”, come il discepolo amato (cfr. Gv 19,35), l'amore del Crocifisso, ciascuno di noi troverà lo slancio adeguato per sottoporsi al tirocinio dell'ascesi cristiana. Infatti è solo l'amore che sa “meritare” sacrificio, piuttosto che essere il sacrificio a meritare l'amore.

Festeggiamo oggi la CROCE.
Non a caso prima del Santo Natale e della Santa Pasqua e dopo le importanti feste dedicate a Maria come la sua nascita e il suo bel nome.

Una croce nuda. Una croce che aspetta il nostro corpo nudo. Diventare figli del Padre, fratelli di ogni uomo lasciando a Gesù tutto il nostro essere. Maria ci aiuta in questo cammino perchè qui sulla terra siamo tutti pellegrini ma ci aspetta una vita eterna e là dobbiamo esserci tutti perchè ci sia l'abbondanza e la gioia piena. Molti sono lontani da Dio perchè non conoscono il Suo Amore e sicuramente anche per la nostra pessima testimonianza. Questa è una sofferenza grande.
Qui sulla terra abbiamo la nostra chance. Da qui possiamo aiutare fratelli e sorelle nel purgatorio con la consapevolezza che mai resteremo turbati per chi è all'inferno perchè avrà scelto volontariamente di stare lontano da Dio, anzi di essergli contro!

San Francesco, come Santa Teresina, stava male quando diceva che l'Amore non è amato. Sentiamo anche noi questo dolore?
Chi sarebbe disposto a dare la vita ora se gli venisse chiesta nel nome di Gesù? Chi sarebbe disposto ad amputarsi un arto piuttosto di commettere un peccato che lo manderebbe nel fuoco della Geenna? Da quanto tempo non ci confessiamo?

Si dice che la Chiesa è matrigna, addirittura dei vescovi lo hanno affermato portando come esempio alcuni casi. Seppur composta da uomini – da noi! - noi crediamo che sia MADRE: ci dona i sacramenti, tramite essa, Corpo Mistico di Cristo, possiamo ricominciare ogni volta da zero se il pentimento è sincero e invece... siamo così stolti da metterci a giudicare i sacerdoti. Il cattivo sacerdote avrà il giudizio severo di Dio ma, per carità, pensiamo a noi e su tutti invochiamo la Misericordia se non vogliamo che le colpe degli altri ricadano più pesanti su noi!!!

Tutto ciò, però, non avviene spontaneamente, è atto di continua conversione, che chiede esercizio (l'ascesi).
“Rendimi la gioia di essere salvato” (Sal 50,14): il digiuno e il sacrificio sia caratterizzato da “un sentire gioioso”... sia un insegnamento evangelico.
L'ascesi, dunque, sgorga come riconoscenza per l'Amore di Gesù che “ha dato se stesso per me” e perchè conduce ad una conformazione al Signore Gesù stesso.

Consigliamo a tutti di approfondire il personale cammino di conformazione a Cristo leggendo continuamente “L'Imitazione di Cristo”, mentre per imparare a vivere nel discernimento richiamiamo la dottrina ignaziana sui Tre Gradi dell'Umiltà (ES, 164-168).
Primo Livello: purificazione da ogni peccato grave.
Secondo Livello: purificazione dai disordini e dagli sbandamenti che ci fanno perdere il “tono spirituale” o l'autodominio (controllo di ciò che guardo e di ciò che dico, controllo della golosità, del pettegolezzo, della voglia di criticare sempre, della fantasia e degli umori...)
Terzo Livello: l'abbandono totale in Dio, mio Padre, attraverso l'esercizio della Povertà materiale e spirituale. Accettare le ingiurie e tutto ciò che mi ferisce.

“L'uomo di Dio, invece, sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2Tim 3,16)
“E poi trasgredite l'amore” (Lc 11,42)

Ave Maria!
Un forte abbraccio


Oggi, IN QUESTI TEMPI, ogni 11 minuti muore un cristiano per martirio: REGOLIAMO I NOSTRI OROLOGI


Il PAPA: Diritti e Doveri

Joseph Ratzinger (poi Benedetto XVI) spiega chi è un Papa, diritti e doveri:

“Il papa non è il signore supremo – dall’epoca di Gregorio Magno ha assunto il titolo di ‘servo dei servi di Dio’ – ma dovrebbe essere - amo dire – il garante dell’ubbidienza, della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, escludendo ogni arbitrio da parte sua. Il papa non può dire: La Chiesa sono io, oppure: La tradizione sono io, ma al contrario ha precisi vincoli, incarna l’obbligo della Chiesa a conformarsi alla parola di Dio. Se nella Chiesa sorgono tentazioni a fare diversamente, a scegliere la via più comoda, deve chiedersi se ciò è lecito. Il papa non è dunque un organo che possa dare vita a un’altra Chiesa, ma è un argine contro l’arbitrio.
Faccio un esempio: dal Nuovo Testamento sappiamo che il matrimonio sacramentale è indissolubile. Ci sono correnti d’opinione che sostengono che il Papa potrebbe abrogare quest’obbligo. Ma non è così. E nel gennaio del 2000, rivolgendosi ai giudici romani, il papa (Giovanni Paolo II) ha detto che, rispetto alla tendenza a voler vedere revocato il vincolo dell’indissolubilità del matrimonio, egli non può fare tutto ciò che vuole, ma deve anzi accentuare l’obbedienza, deve proseguire anche in questo senso il gesto della lavanda dei piedi”.


Pacifista o portatore di Pace ?!?


PACIFISTA?
Io no, portatore di Pace invece SI' per vocazione.

Gesù è lo stesso che nel Tempio prese a frustate i venditori di colombe e ha rovesciato il banco dei cambiavalute; è lo stesso che ha detto "chi vuol essere mio discepolo, prenda la propria croce e mi segua". Gesù non era un pacifista ("chi ha denaro si compri una spada" dirà prima della passione) e, quando guariva le malattie e gli indemoniati, semplicemente riconduceva le persone alla propria natura, il cieco ha occhi, per cui gli ridava la vista, il paralitico ha gambe, per cui gli restituiva il movimento, ma ogni miracolo era allegoria di altro, mai fine a se stesso. La prostituta? A lei disse "nessuno ti ha giudicato, va' e non peccare più"... ossia io non condanno te, ma ciò che fai.

"Vi lascio la pace, vi do la mia pace. La pace che io vi do non è come quella del mondo: non vi preoccupate, non abbiate paura." (Gv. 14,27)

Siamo circondati da eretici...


SI AMA CRISTO E LA CHIESA

Quando è doveroso resistere all'Autorità Ecclesiastica
Alcuni esempi:

I – S. Pietro e l’incidente di Antiochia (49 d. C.)
Già nel 50 d. C., neppure 20 anni dopo la morte di Gesù, al Concilio di Gerusalemme, si assisté ad un fatto riportato dalla S. Scrittura, commentato dai Padri ecclesiastici, dai Dottori scolastici e dagli storici della Chiesa . Infatti è divinamente rivelato che, qualche tempo prima, San Pietro ad Antiochia si comportò in maniera riprovevole e San Paolo lo rimproverò.
Questo incidente “riprovevole” lo troviamo divinamente Rivelato in S. Paolo (Epistola ai Galati, II, 11), il quale afferma: «Ho resistito in faccia a Pietro, poiché era reprensibile».Secondo la Tradizione patristica e scolastica (S. Agostino e S. Tommaso d’Aquino) S. Pietro peccò venialmente di fragilità nell’osservare le cerimonie legali dell’Antico Testamento, per non scandalizzare i giudei convertiti al Cristianesimo, ma provocando così lo scandalo dei cristiani provenienti dal paganesimo convertitisi al Vangelo. E secondo la divina Rivelazione vi fu una resistenza pubblica di Paolo verso Pietro, primo Papa.
Quindi S. Pietro non errò contro la Fede, come sostennero erroneamente gli anti-infallibilisti durante il Concilio Vaticano I, anche se con il suo agire commise un peccato veniale di fragilità a differenza di Onorio che peccò gravemente senza cader nell’eresia formale, ma solo favorendola per debolezza e negligenza.
Dunque Pietro peccò solo venialmente e di fragilità, ma, quando Paolo gli resistette in faccia e pubblicamente (Epistola ai Galati, II, 11), Pietro ebbe l’umiltà di correggere il suo errore di comportamento che avrebbe potuto portare all’errore dottrinale dei Giudaizzanti. Non si può negare la resistenza di Paolo a Pietro perché è divinamente Rivelata: “Resistetti in faccia a Cefa, poiché era reprensibile […] alla presenza di tutti” (Galati, II, 11, 14).

II – L’empio Nestorio (381-431) nega la Maternità divina di Maria
Un altro fatto ampiamente commentato dagli storici della Chiesa è quello avvenuto con Nestorio patriarca di Costantinopoli circa 350 anni dopo l’incidente di Antiochia.
Dom Prospero Guéranger, nella sua nota opera L’Année Liturgique, scrive: «il giorno di Natale del 428, Nestorio, approfittando dell’immenso concorso di fedeli venuti a festeggiare il parto della Vergine-Madre, dall’alto del soglio episcopale lanciò quella blasfema parola: “Maria non ha generato Dio: il Figlio suo non è che un uomo, strumento della divinità”. A queste parole la moltitudine fremette inorridita: interprete della generale indignazione, Eusebio di Doriles, un semplice laico, si levò in mezzo alla folla a protestare contro l’empietà. […] Generoso atteggiamento che fu allora la salvaguardia di Bisanzio e gli valse l’elogio dei Concili e dei Papi!» (Dom Prospero Guéranger, L’anno liturgico, trad. it., Edizione Paoline, Alba, 1959, vol. I, pp. 795-796).

III – Papa Onorio I (625-628)
Fra i vari esempi di fatti del genere, indicati dalla storia della Chiesa, risalta, in terzo luogo neppure 200 anni dopo il caso di Nestorio, quello di papa Onorio I. Questo Papa visse nel tempo in cui l’eresia monotelita faceva stragi nella Chiesa d’Oriente. Negando l’esistenza di due volontà in Gesù Cristo, i monoteliti rinnovavano l’assurdo che Eutiche introdusse nel dogma, quando pretese che in Gesù Cristo ci fosse soltanto una natura, composta dalla natura divina e da quella umana.
Il patriarca di Costantinopoli, Sergio, abilmente insinuò nello spirito di Onorio I che la predicazione delle due volontà del Salvatore causava soltanto divisioni nel popolo fedele. Accondiscendendo ai desideri del patriarca, che erano anche quelli dell’imperatore, papa Onorio I proibì che si parlasse delle due volontà del Figlio di Dio fatto uomo.
Il Pontefice non si rese conto che il suo gesto (non formalmente e positivamente eretico) lasciava il campo libero alla diffusione dell’eresia o la favoriva.
Per questa ragione non si doveva prestare a esso attenzione come pure riguardo all’affermazione di Nestorio sulla Divina maternità di Maria SS. e all’agire pratico di S. Pietro ad Antiochia.
Onorio non era stato positivamente o formalmente eretico, ma vittima dei raggiri di Sergio, cui imprudentemente e negligentemente aveva acconsentito senza impegnarsi nella difesa della dottrina cattolica ortodossa. Perciò S. Leone II condannò Onorio più per la sua negligenza che per una consapevole eterodossia.
Nel III Concilio ecumenico di Costantinopoli (680-681) papa S. Agatone (678-681) il 28 marzo del 681 condannò papa Onorio per aver aderito imprudentemente all’eresia (DB 262 ss. / DS 550 ss.) senza specificare se si trattasse di eresia materiale o formale. Ma nel Decreto di ratifica del Concilio Costantinopolitano III papa S. Leone II (682-683) specificò il 3 luglio 683 (DB 289 ss. / DS 561 ss.) i limiti della condanna di Onorio, che “non illuminò la Chiesa apostolica con la dottrina della Tradizione apostolica, ma permise che la Chiesa immacolata fosse macchiata da tradimento” (DS 563). Onorio, quindi, si era macchiato di eresia materiale ed aveva favorito l’eresia.
Inoltre Onorio non aveva definito né obbligato a credere la tesi di una sola azione in Cristo contenuta nell’ambigua Dichiarazione dell’Epistola di Sergio a lui inviata. Quindi Onorio non aveva voluto essere assistito infallibilmente in tale atto, ma aveva utilizzato una forma di magistero autentico “pastorale e non infallibile”. Perciò egli aveva potuto sbagliare, anche se per ingenuità e mancanza di fortezza, ma senza infrangere il dogma (definito poi dal Concilio Vaticano I) della infallibilità pontificia, come invece sostennero i protestanti nel XVI secolo e la setta dei “vecchi cattolici” nel secolo XIX. In breve Onorio aveva favorito l’eresia peccando, così, gravemente, ma non era stato eretico.

La regola generale
Dom Guéranger, quindi, enuncia un principio generale: «Quando il pastore si cambia in lupo, tocca soprattutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai Vescovi ai fedeli; e non devono i sudditi giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel tesoro della Rivelazione vi sono dei punti essenziali, dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso ch’è cristiano, deve avere la necessaria conoscenza e la dovuta custodia. Il principio non muta, sia che si tratti di verità da credere che di norme morali da seguire, sia di morale che di dogma. I tradimenti simili a quelli di Nestorio, gli sbandamenti simili a quelli di Onorio e le “eccesive prudenze” simili a quelle di S. Pietro ad Antiochia non sono frequenti nella Chiesa; tuttavia può darsi che alcuni pastori eccezionalmente tacciano, per un motivo o per l’altro, in talune circostanze in cui la stessa religione verrebbe ad essere coinvolta. In tali congiunture, i veri fedeli sono quelli che attingono solo nel loro battesimo l’ispirazione della loro linea di condotta; non i pusillanimi che, sotto lo specioso pretesto della sottomissione ai poteri costituiti, attendono per aderire al nemico o per opporre alle sue imprese un programma che non è affatto necessario e che non si deve dare loro». (Ivi).

Importanza della Tradizione
Il valore della Tradizione è tale che anche le Encicliche e gli altri documenti del Magistero ordinario del Sommo Pontefice in cui non si vuol definire né obbligare a credere sono infallibili soltanto negli insegnamenti confermati dalla Tradizione (Pio IX, Lettera Tuas libenter, 1863), cioè da un continuo insegnamento della dottrina, svolto da diversi Papi e per un ampio lasso di tempo.
Di conseguenza, l’atto del Magistero ordinario di un Papa che non definisce né obbliga a credere, il quale contrasti con l’insegnamento garantito dalla Tradizione magisteriale di diversi Papi e attraverso un considerevole lasso di tempo, non dovrebbe essere accettato.

Norma per giudicare le novità
Custodiamo, quindi, con il massimo rispetto e con la massima attenzione, il criterio di verifica nei confronti delle novità che sorgono nella Chiesa: se si accordano con la Tradizione apostolica, bene. Se non si conformano, ma si oppongono alla Tradizione, oppure la sminuiscono non devono essere accettate.
Tradizione, certo, non è immobilismo. È crescita, ma nella stessa linea, nella stessa direzione, nello stesso senso, crescita di esseri vivi, che si conservano sempre gli stessi.Detto questo, prendiamo come norma il seguente principio: “quando è evidente che una novità si allontana dalla dottrina tradizionale, è certo che non deve essere ammessa” (mons. Antonio De Castro Mayer, Lettera pastorale Aggiornamento e Tradizione, 11 aprile 1971, Diocesi di Campos in Brasile).

Quindi la Gerarchia può eccezionalmente errare e in tal caso si può lecitamente resistere ad essa pubblicamente, ma con il rispetto dovuto all’Autorità.
Occorre continuare a fare ciò che la Chiesa ha sempre fatto prima che l’errore e la confusione penetrassero nella quasi totalità dall’ambiente ecclesiastico (S. Vincenzo da Lerino, Commonitorium, III, 5) e credere ciò che la Chiesa ha sempre, ovunque insegnato universalmente (“quod semper, ubique et ab omnibus”).
Il Dottore Angelico, in diverse sue opere, insegna che in casi estremi è lecito resistere pubblicamente ad una decisione papale, come San Paolo resistette in faccia a San Pietro: «essendovi un pericolo prossimo per la Fede, i prelati devono essere ripresi, perfino pubblicamente, da parte dei loro soggetti. Così San Paolo, che era soggetto a San Pietro, lo riprese pubblicamente, a motivo di un pericolo imminente di scandalo in materia di Fede. E, come dice il commento di Sant’Agostino, “lo stesso San Pietro diede l’esempio a coloro che governano, affinché essi, se mai si allontanassero dalla retta strada, non rifiutino come indebita una correzione venuta anche dai loro soggetti” (ad Gal. 2, 14)».
Franciscus De Vitoria scrive: «Secondo la legge naturale è lecito respingere la violenza con la violenza. Ora, con ordini e dispense abusive, il Papa esercita una violenza, perché agisce contro la legge. Quindi è lecito resistergli. Come osserva il Gaetano, non facciamo questa affermazione perché qualcuno abbia diritto di giudicare il Papa o abbia autorità su di lui, ma perché è lecito difendersi. Chiunque, infatti, ha il diritto di resistere ad un atto ingiusto, di cercare di impedirlo e di difendersi».
Francisco Suarez: «Se [il Prelato] emana un ordine contrario ai buoni costumi, non gli si deve ubbidire: se tenta di fare qualcosa di manifestamente contrario alla giustizia e al bene comune, sarà lecito resistergli; se attaccherà con la forza, potrà essere respinto con la forza, con quella moderazione propria della legittima difesa».
San Roberto Bellarmino: «Com’è lecito resistere al Pontefice che aggredisce il corpo, così pure è lecito resistere a quello che aggredisce le anime o perturba l’ordine civile, o, soprattutto, a quello che tenta di distruggere la Chiesa. Dico che è lecito resistergli non facendo quello che ordina ed impedendo la esecuzione della sua volontà: non è però lecito giudicarlo, punirlo e deporlo, poiché questi atti sono propri di un superiore».


COMBATTERE PER LA VERITA'


Fil 2, 2b-4
"Rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ognuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma piuttosto quello degli altri"

La prima forma di Carità è la Verità. Per noi un dovere e un compito e un impegno: la vita. Nessuna vanagloria o rivalità: ti dicono "chi credi di essere" o spesso ricevi "sassi".... cose che certamente fanno bene, da mandare "giù" per esercitarsi nell'umiltà se già come me non la si ha... ma santo coraggio di urlarlo sui tetti se necessario. E la Verità è Cristo: Lui, le Sacre Scritture, il Magistero e la Tradizione. Posseggo io la Verità? CERTO! Sono le mie contraddizioni nel viverla che la offuscano. Ma mai smettere di alzarsi.

Ci sono Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto

RATZINGER (1997): "CI SONO TROPPI ESEMPI DI PAPI CHE EVIDENTEMENTE LO SPIRITO SANTO NON AVREBBE SCELTO" 

Siccome si continua a sentir dire qua e là che "i papi sono scelti dallo Spirito Santo", si sappia che non è così. Li scelgono i cardinali. I quali possono scegliere il papa secondo il cuore di Dio o secondo il mondo (la storia della Chiesa dimostra che nei conclavi molte forze e molti interessi cercano di prevalere e talora prevalgono)...
Ricordando che - tra l'altro - ci possono essere papi eletti non canonicamente (che quindi non sono papi) e anche papi eretici (come mostra la storia della Chiesa... vedi pure la Divina Commedia che parla pure di papi simoniaci) o papi che sbagliano gravemente nel governo della Chiesa e devono tornare sui propri passi (vedi ciò che accadde durante la crisi ariana o il caso di Pio VII di cui ha recentemente scritto Roberto De Mattei)... detto questo ecco come l'allora cardinale Ratzinger, nel 1997, rispose (anche con amara ironia) a chi gli chiedeva se lo Spirito Santo era il responsabile dell'elezione dei Pontefici:

«Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo. Direi che lo Spirito Santo non prende esattamente il controllo della questione, ma piuttosto da quel buon educatore che è, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci. Così che il ruolo dello Spirito dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non che egli detti il candidato per il quale uno debba votare. Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere totalmente rovinata. Ci sono troppi esempi di Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto».


Card. Carlo Maria Martini favorevole all'eutanasia e molto altro e tutti i suoi amici di ieri e oggi

Nel 2006 dove erano i cattolici che dovevano difendere il Papa dagli attacchi dell'ex metropolita di Milano, Carlo Maria Martini? Ricordate il suo manifesto di opposizione al papa regnante da lui pubblicato sul settimanale italiano "L'espresso" su fecondazione artificiale, embrioni, aborto, eutanasia? E quando tornò a parlare di eutanasia con un articolo apparso il 21 gennaio 07 sulla prima pagina dell'edizione domenicale di "Il Sole 24 Ore", il maggiore quotidiano economico-finanziario d'Italia e uno dei più importanti d'Europa?

I media cattolici ufficiali avvolsero di silenzio il pronunciamento del cardinale Martini, amplificato invece dai media laici.

No, per carità, date retta a Padre Livio Fanzaga, o al cattolicissimo Mario Adinolfi... è tutta bugia, è tutto complotto!

Detto da loro fa quasi ridere: il primo ancor oggi non dice la verità su come è nata Radio Maria e i processi in Tribunale contro il fondatore Don Mario Galbiati dal quale fu accolto (sinceramente non era nessuno per poter dire che portava un valore aggiunto, manco delle offerte per la Radio), il secondo che da coofondatore del PD fonda La Croce dall'oggi al domani, inizia a farla stampare e distribuire a livello nazionale per mesi con i soldi derivati da "Io voglio la Mamma" (anche se i diritti d'autore sono forse al 3% esagerando) al fine di lanciare la piattaforma, parla a nome dei cattolici e sopra i parroci invitando (guarda caso tramite Radio Maria) a fondare, previa iscrizione al quotidiano, dei Circoli nelle Parrocchie.

Non toccatemi padre Livio o il Marione... si dice. Io rispondo: "Scusate, avete ragione... ma allora ragionate" che ci siamo!

Il "clan San Gallo" è una bufala tuonano dai microfoni. Ma guarda caso di questa bufala se ne parlava da sempre proprio nel Seminario di Venegono, nella Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale e diversi monsignori, non io un mentecatto qualsiasi, discutevano sulla linea Martini che voleva Papa il cardinale Bergoglio già dal 2002. Tranquilli, tutte balle. Andate allora a chiedere a Mons. Delpini, a Mons. Baronio o a Balconi oppure a De Scalzi... tutti racconta balle? Non credo.

Ma guarda pure un'altra coincidenza... tutti quelli del clan "san Gallo" sono favorevoli o non giudicano negativamente (giusto per essere precisi) temi come diaconato alle donne, matrimonio ai sacerdoti, eutanasia, aborto... Che caso che proprio poche settimane fa, anzi... scusate la "balla", devo precisare... il 6 di agosto, il Presidente della Conferenza Episcopale Svizzera (CVS) Buchel si è pubblicamente dichiarato comprensivo verso le coppie omosessuali e ha condannato dei suoi sacerdoti di Coira che avevano richiamato al Catechismo (la notizia l'ho riportato sul mio diario, sia la lettera pastorale di Buchel che tutto il resto... nulla di inventato). Che volete, coincidenze... mi risponderete!

Nella lettera della nipote del cardinale Carlo Maria Martini, Giulia Facchini Martini, pubblicata sul “Corriere della Sera” del 4 settembre 2012 si legge:

“Avevi paura, non della morte in sé, ma dell’atto del morire, del trapasso e di tutto ciò che lo precede. Ne avevamo parlato insieme a marzo e io, che come avvocato mi occupo anche della protezione dei soggetti deboli, ti avevo invitato a esprimere in modo chiaro ed esplicito i tuoi desideri sulle cure che avresti voluto ricevere. E così è stato. Avevi paura, paura soprattutto di perdere il controllo del tuo corpo, di morire soffocato. (…) Con la consapevolezza condivisa che il momento si avvicinava, quando non ce l’hai fatta più, hai chiesto di *** essere addormentato***. Così una dottoressa con due occhi chiari e limpidi, una esperta di *** cure che accompagnano alla morte, ti ha sedato***”

Con la morte del cardinal Martini è stata canonizzata la teologia del dubbio.

L'unico che ha certezze rimane Padre Livio e Marione... certi... ma delle loro parole... che i fatti sono altri!
Solo una postilla: i fedelissimi si ricorderanno quando padre Livio parlava dicendo che in Lombardia non esistevano casi di pedofilia nel clero, vero? Vi aiuto era il 2004! Bè... nel 2004 Padre Livio sapeva benissimo di alcuni casi... giustamente è stato tra quelli che scelse il silenzio. Per me vi è una differenza tra silenzio, che posso comprendere per prudenza, e dire che non esistono casi. Se per voi invece è uguale, chapeau ma poi spiegatelo alle vittime, per favore!
La Chiesa si ama. L'ipocrisia e la falsità la si vomitano... possono infettare il cuore più puro.

USATE LA VOSTRA TESTA SEMPRE !!!

Ps... tranquilli... non avete letto niente! Oggi si fa' così. Se il tutto vi disturba rettificate come volete, tanto la relatività va bene... io vi voglio solo piacere... SONO UN CATTOzero!

Preghiamo preghiamo preghiamo... l'unica cosa importante che dobbiamo fare sul serio... ma il tragico, almeno per me, è che è pure l'unica cosa vera nella Chiesa dopo tutto ciò che è dogma. Il resto viene rispiegato e spiegato ancora. Chiacchiere.



AMARE LA VERITA'

"Ama la verità, mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paura e senza riguardi. 
E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. 
E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio."

(cit. sulla tomba di Giuseppe Moscati)

Non giudicate... ma per favore abbiate giudizio



Mi capita a volte di trovarmi giudicato da alcune persone quando esprimo un mio giudizio su qualche situazione… lo so, sono contraddittori, ma per ora prendiamo la loro obiezione per buona. Si rifanno, infatti, subito alle parole del Signore: «Non giudicate, per non essere giudicati». Ma è proprio vero che il Signore ci chiama a non esprimere giudizio? A non avere una visione? A non discernere i fatti?
Dato che è un problema che non affronto soltanto io, ma che mi è stato sottoposto in varie salse, formulo la domanda così: è sbagliato giudicare?

PERCHÉ GESÙ DICE: «NON GIUDICATE»?
La prima cosa che bisognerebbe fare quando si cita un testo biblico (e non lo si vuol citare “alla diavola”) è capire il contesto e l’intento dell’affermazione. Il versetto sbandierato, infatti, si trova in due testi sinottici (Mt 7,1; Lc 6,37). A parte alcune leggere differenze tra i due testi, i contesti sono uguali. In Matteo Gesù affermo dopo: «Con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi». In Luca vengono espresse sfumature sinonimiche ed esplicative: «non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati». Ma entrambi i testi chiariscono la falla nel giudizio di chi predica bene agli altri, ma non ascolta e non mette in pratica le proprie esortazioni: «Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: «Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio», mentre nel tuo occhio c'è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello» (Mt 7,3-5; Lc 6,41-42).
Viene a galla allora un primo problema: Gesù se la prende con chi è iniquo e soggettivo nel giudicare, con chi pratica la giustizia come la dipingeva Kierkegaard: soggettivo (e misericordioso) con se stesso, oggettivo (e giustiziere) con gli altri. E già Paolo rimproverava così: «Perciò chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l'altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose. Tu che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, pensi forse di sfuggire al giudizio di Dio?» (Rm 2,1-3).
Il secondo problema si evince soprattutto dalla contestualizzazione lucana: la giustizia secondo Cristo non può essere senza misericordia. Il versetto in Luca, infatti, è preceduto da quest’esortazione: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36). Giacomo, nella sua lettera, ci ricorda che «il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà avuto misericordia. La misericordia ha sempre la meglio sul giudizio» (Gc 2,13). Per cui siamo chiamati ad esercitare la giustizia secondo Dio. Qui il discorso sarebbe lunghissimo e non possiamo allargarci, ma sappiamo che il giudizio di Dio è per portare salvezza e non per portare condanna e morte. Dio fa verità nella carità.

AVERE GIUDIZIO
Questa contestualizzazione a cosa ci porta? Ci porta a capire che non bisogna essere ipocriti, ingiusti o giustizieri (condannare definitivamente senza appello e senza possibilità di riconciliazione e di usare misericordia), ma questo non significa non avere giudizio, discernimento o una lettura chiara sulle realtà, gli eventi, gli atti delle persone. Bisogna, in altri termini, distinguere tra giudicare (condannare) e avere giudizio (discernere) e chiamare le cose col loro nome. Il discernimento è un immenso dono spirituale. È un dono fondamentale secondo i padri del deserto. Per sant’Antonio Abate, ad esempio, la mancanza del discernimento è alla base del crollo di alcune vite spirituali molto promettenti. Per cui siamo chiamati ad avere giudizio sia su noi stessi sia sugli atti degli altri.
A proposito di giudizio-discernimento, in tante occasioni Gesù lamenta la mancanza di capacità di giudizio, di vederci chiaro, di chiamare le cose col loro nome nelle persone. Chiedeva ai suoi interlocutori: «perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?» (Lc 12,57). Così riguardo al discernimento dei tempi e dei segni dei tempi, Gesù rimprovera l’incapacità di lettura e giudizio spirituale: «Quando si fa sera, voi dite: “Bel tempo, perché il cielo rosseggia”; e al mattino: “Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo”. Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi? Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona» (Mt 16,2-4).
È giusto notare che qui Gesù sta parlando del discernimento più sublime: quello dell’avvento del Regno. Ma anche se si cambia l’oggetto del discernimento, il principio rimane valido. Bisogna saper chiamare le cose con il loro nome. È uno dei primi poteri che Dio dà all’uomo sin dal libro della Genesi!
Per cui, chiamare l’errore con il suo nome, dire pane al pane e pesce al pesce, fa parte della capacità di discernimento. Anzi, se non chiamiamo le cose per nome ci esponiamo alle parole pesanti del Signore al profeta Ezechiele… parole che chi conosce del vangelo sono il versetto di Mt 7,1 è bene che le aggiunga al suo ricco bagaglio biblico: «O figlio dell'uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d'Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato» (Ez 33,7-9). Isaia a sua volta ammonisce: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre (Is 5,20).
Abbiamo il dovere della correzione, della denuncia del male, soprattutto quando viene fatto nelle sembianze di bene o con sfumature di angelo di luce… In una parola abbiamo il dovere del coraggio del giudizio!! Se prima si notava che Dio fa verità nella carità, bisogna aggiungere l’aspetto complementare: esercitare la carità nella verità. Sono due aspetti inscindibili. La carità senza verità è una presa in giro, è un atto egoistico che abbuona l’altro senza aiutarlo a diventare realmente buono.

«L’UOMO SPIRITUALE GIUDICA OGNI COSA»
Gesù dice che i suoi apostoli giudicheranno il mondo: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele» (Mt 19,28). Si parla certo del giudizio escatologico, ma Paolo considera la capacità di giudizio come qualità nel hic et nunc dell’uomo spirituale: «L'uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno» (1Cor 2,15). Questo giudizio non deve essere giudizio di condanna delle persone, ma degli atti sì. Il giudizio escatologico è del Signore: «Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà» (1Cor 4,5), ma il giudizio per aiutarsi e aiutare gli altri a distinguere il bene dal male, la destra dalla sinistra spetta a noi oggi. Lo stesso Paolo, nella medesima lettera afferma: «Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se siete voi a giudicare il mondo, siete forse indegni di giudizi di minore importanza?» (1Cor 6,2). Aggiunge poi: «Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita!» (1Cor 6,3).
Il Signore dona ai suoi discepoli l’intelligenza spirituale che è capace di discernimento. Convertendoci, seguendo il maestro smettiamo di essere niniviti (mi riferisco al libro di Giona) che non sanno distinguere la destra dalla sinistra (Gn 4,11) e veniamo «potentemente rafforzati nell'uomo interiore mediante il suo Spirito». Mediante la dimora di per mezzo della fede nei nostri cuori, acquisiamo una conoscenza prospettica più completa e diventiamo «in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità». Conoscendo l’amore di Cristo acquisiamo la vera conoscenza che supera ogni conoscenza e siamo ricolmi di tutta la pienezza di Dio (cf. Ef 3,16-19). Anzi, più esercitiamo la capacità di distinguere bene e male, più siamo rafforzati nel discernimento e siamo depositari di una bellissima promessa: «Se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca» (Ger 15,19). Sì, diventiamo, «in nome di Cristo… ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta» (2Cor 5,20).
È audace, è folle, ma sono le promesse di Dio che non vengono dalla nostra bravura, ma dalla potenza della Parola di Dio che ci modella e ci trasforma. «Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).
Accogliamo l’invito di Paolo a non conformarci a questo mondo, ma a lasciarci trasformare rinnovando il nostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (cf. Rm 12,2) e annunciarla, ammonendo, rimproverando, esortando con ogni magnanimità e dottrina in tempo opportuno e inopportuno (cf. 2Tm 4,2).

Chiediamo al Signore di donarci discernimento, capacità di giudizio e di discernimento. L’episodio di Salomone ci insegna che è una delle richieste più gradite al Signore: «Concedi al tuo servo un cuore docile, perché … sappia distinguere il bene dal male» (cf. 1Re 3,9).

GIUDICA IL PECCATO, AMA IL FRATELLO
Il mondo giudica, giudica spesso per condannare. Il cristiano, se giudica, giudica per fare luce, per dare vita, sui passi di Cristo. Denuncia gli scandali per proteggere i piccoli. A ragione scriveva Reginald Garigou Lagrange O.P.: «La Chiesa è intransigente sui principi, perché crede, ma è tollerante nella pratica, perché ama. I nemici della Chiesa sono invece tolleranti sui principi, perché non credono, ma intransigenti nella pratica, perché non amano." (R. Garrigou-Lagrange)


Dario Maria Minotta


ECCOCI MADRE, GUIDACI!


Mentre invitiamo a mantenere gli impegni quotidiani personali già presi, esortiamo per diventare “un cuor solo e un'anima sola” a mettersi in unione spirituale col Movimento in uno o più appuntamenti in modo costante.

Ore 7.30 Santo Rosario
Ore 12.00 Angelus (da Pasqua a Pentecoste Regina Coeli)
Ore 15.00 Coroncina della Divina Misericordia
Ore 17.20 Santo Rosario
Ore 17.40 * 18.40 (ora solare-ora legale) Apparizione della Vergine Santissima a Medjugorje
Ore 20.30 Santo Rosario
Ore 24.00 Santo Rosario
Ore 3.00 Coroncina della Divina Misericordia

Mercoledì e Venerdì: Digiuno a pane ed acqua. Per chi non può non un fioretto ma un "fiorone"... e comunque sempre digiuno dal peccato!

Terminiamo ripetendo sempre:
Maria, Regina della Pace e del Movimento, Madre mia: totus tuus!