domenica 17 giugno 2012

LA BUONA POLITICA è POSSIBILE - Riflessione per i politici cattolici che hanno perso "sale" in tempo di crisi


 
S. Caterina aveva una concezione eminentemente etica dei governanti, nelle sue numerose lettere che ha scritto, li esortava alla lotta contro il male, per l’affermazione del bene: “piuttosto dobbiamo eleggere di perdere le cose temporali e la vita del corpo, che le cose spirituali e la vita della grazia…” Per l’uomo politico non basta dunque dominare gli uomini e le cose, ma soprattutto, bisogna, raggiungere il perfetto dominio di sé. Quello che conta maggiormente è la “signoria dell’anima”, che nessuno può togliere agli uomini se loro si comportano secondo giustizia divina. Gli antichi romani, già conoscevano questa signoria, il grande Seneca affermava: “Imperium sibi maximum imperium est”, una affermazione che in Caterina acquistava un significato eminentemente cristiano: la padronanza di sé per compiere il bene. A questo proposito, è significativo quello che scrive la santa ai Signori e difensori di Siena: “scrivo a voi con desiderio di vedervi veri signori con cuore virile, cioè che signoreggiate la propria sensualità, con vera e reale virtù, seguitando il nostro Creatore. Altramenti non potreste tenere giustamente la signoria temporale, la quale Dio vi ha concessa per sua grazia. Conviensi dunque che l’uomo che ha a signoreggiare altrui e governare, signoreggi e governi prima sé”.

  S. Caterina si rendeva conto che gli uomini erano fragili e limitati, per questo era indispensabile che ciascun essere umano prendesse coscienza del proprio limite di creatura.

L’uomo di governo dev’essere umile, una virtù che gli permette, di essere libero e di darsi interamente “con grande sollecitudine” e con “affettuoso amore”, al servizio dei sudditi e della patria. Secondo S. Caterina, deve acquisire la virtù della santa pazienza, che non è quella del significato politico del saper attendere, temporeggiare, questa è arte politica o diplomatica. “La pazienza per S. Caterina è un atteggiamento interiore dello spirito che dà la capacità di ‘sostenere’ con dolce fortezza fondata sulla dimenticanza di sé ‘ogni pena, tormento e tribolazione’”. Pertanto per S. Caterina l’uomo che sale al potere, non deve pensare di trovare in esso “diletto e riposo”, ma deve sapere che troverà dolore.

La santa di Siena era consapevole delle miserie umane degli uomini politici e di potere. Sapeva quale era la dura realtà: avidità, gelosie, egoismi, intrighi, slealtà, violenze.. Il principe e signore deve conoscere, valutare e rispettare il dolore in sé e negli altri, e quando la croce stende la sua immensa ombra su tutta la patria egli, forte nella sventura militare nell’insuccesso politico e in ogni altra contrarietà, “si veste della pazienza di Cristo crocifisso, riposasi con questa dolce e gloriosa virtù nel mare tempestoso delle molte fatighe”. Questa è la virtù che vince sempre. Per S. Caterina non ci potrà mai essere un grande e vero capo di governo, senza la lotta dolorosa interiore ed esteriore, senza sofferenza, senza sforzo, senza “abbracciarci con la santissima croce, dove noi troveremo l’amore ineffabile, gustando il sangue di Cristo”.

Il Principe ideale di Caterina non è quello che sa mantenere il potere, ma colui che sa essere grande dinnanzi a Dio nella perfezione morale. Caterina fa coincidere il vantaggio dei popoli, il benessere sociale, con la grandezza morale e cristiana di chi governa. La grandezza di un principe per S. Caterina si basa sempre sull’umiltà, nel dolce spogliamento di sé, che invita Dio a venire nell’anima, così si possono fare grandi opere.  Nell’ascetica cateriniana, l’uomo trova il giusto posto come creatura creata da Dio e redenta dal Figlio.

La personalità ideale del cristiano che esercita il potere politico, si compenetra nella carità, soltanto così si può compiere ogni giustizia e dalla quale nascono le buone opere. Caterina insegna al principe anche di perdere il potere se non può attuare il bene di tutti, al contrario di Machiavelli che al suo Principe insegna di sapere commettere il male per conservare il potere. L’uomo che è al potere “deve servire con grande diligenzia il prossimo suo”. In pratica anche se è difficile dirigere la vita degli uomini a fini alti, S. Caterina chiede l’eroismo cristiano al suo principe, ricordandogli che può fare tutto con l’aiuto di Dio, nella partecipazione alla vita della Grazia, che è il sangue di Cristo.

Nessuno ha saputo più di Caterina adorare il Sangue Divino di Gesù, nessuno più di lei ha saputo comunicare agli uomini, l’amore, il bisogno del “dolcissimo Sangue…nel quale si spegne ogni odio e guerra…si pacifica il cuore e l’anima”.

Ed è proprio in questo Sangue che S. Caterina conduce “i signori e governanti a conquistare quella perfezione cristiana del loro stato, che è conformazione a Cristo Crocifisso, nella cui luce la santa diplomatica senese ha visto e ci ha dato la nobile personalità morale dell’uomo di governo…”

  Nelle lettere agli uomini di Stato S. Caterina fa emergere sempre esclusivamente il carattere morale e spirituale, quasi mai ci sono norme pratiche sull’esercizio del buon governo. La santa è convinta che una volta che l’uomo é formato al bene e alla giustizia non potrà che compiere azioni giuste e virtuose, questo vale anche per il governante. Del resto, per S. Caterina ogni problema sociale e politico appare come un problema morale, ella dà tuttavia valore anche alla parte ‘pratica’ dell’attività politica, anche perché ci sono uomini buoni, ma che non sanno governare.

A base di ogni grande costruzione politica e sociale c’è la realizzazione della giustizia, che caratterizza ogni attività politica, ogni azione individuale e sociale del principe della nostra santa. Ma la giustizia deve essere sempre “condita con misericordia, perché ella esce dalla fontana della carità”.

“l’uso della misericordia nell’esercizio della giustizia non diminuisce però la coscienza di quello ch’è dovuto alla repressione del male. In un regime ben ordinato, fare giustizia è un dovere dell’autorità, perciò, non è permesso al signore di tollerare il male. Per la santa occorre sempre una giustizia regolata dalla carità. Certo Santa Caterina sa che è presente nel governante il pericolo di lasciarsi trasportare nella repressione per propria passione, ma c’è anche l’altro pericolo della pazienza inerte di fronte a colpe che possono esporre la società intera al male. Comunque sia per la santa, la giustizia perfetta, potrà attuarla, soltanto “colui che giustamente ha giudicato sé”, cioè, colui che virilmente ha sottomesso sé “alla regola della giustizia”, nel distacco da sé e dal mondo, nell’amore di Dio e delle virtù. Quindi soltanto l’uomo forte, buono e umile, che ha conosciuto la Verità di Dio sarà capace di realizzare la giustizia perfetta.

E’ presente in S. Caterina il concetto di giustizia sociale con al centro e come fine la persona umana, una giustizia che si appoggia sui diritti naturali della persona umana, che sfociano nei diritti religiosi, morali, giuridici, economici. L’uomo di governo nella sua attività, deve riconoscere e difendere la dignità personale del cittadino e il suo sviluppo.

Un’ultima annotazione, proprio leggendo le tante lettere della santa di Siena: “Non si può non domandarci come ella potesse pretendere da uomini comuni del suo tempo tanta virtù; come potesse richiedere un simile sforzo, un superamento così assoluto dell’umano, una così perfetta vita della Grazia, in quella che può sembrare l’attività che più difficilmente l’uomo riesce a mantenere conforme ai comandi divini”. Eppure S. Caterina con la sua grande semplicità è riuscita a parlare a chiunque e a ottenere anche numerose conversioni dei loro cuori. Lo si nota leggendo le lettere inviate allo stesso personaggio, come Niccolò Soderini, uno dei Priori dell’Arti della città di Firenze, è un grande miracolo come la santa “…sapesse con rara sapienza trarre quegli uomini rudi e lontani dalle finezze dello spirito, ad alta perfezione morale”.

Preghiamo per il Card. Carlo Maria Martini


Non sempre sono condivisibili le posizioni di Mario Palmaro, almeno in approccio e metodo più che di sostanza, ma stavolta il ragionamento svolto sulla materia non fa una piega. Neanche una. Chi ha responsabilità prenda amorosi e decisi provvedimenti.
Il cardinale Carlo M. Martini si dichiara a favore del riconoscimento dei “matrimoni” tra omosessuali da parte dello Stato. Così hanno scritto nei giorni scorsi molti giornali italiani, dando alla notizia grande rilievo.

Di fronte a questo genere di faccende, il mondo cattolico "ufficiale" abbozza una serie di reazioni che in ordine logico e temporale si possono riassumere così: primo, chissà che cosa avrà detto esattamente il cardinale, e che cosa gli hanno fatto dire i giornali; secondo, il card. Martini è un uomo profetico, quindi le sue parole vanno inserite nel contesto e non estrapolate in modo strumentale; terzo, visto che la materia scotta, meglio far finta che non sia successo niente; quarto, se anche il card. Martini avesse detto davvero quello che ha detto, bisogna far finta di niente perché non si può criticare un cardinale, per evitare scandalo e divisioni nella Chiesa; quinto, se qualcuno fra i cattolici critica Martini, peste lo colga, perché così facendo rompe la consegna del silenzio e disturba la quiete della buona gente cattolica.

Purtroppo, si tratta di un protocollo terapeutico francamente fallimentare: una sequenza di manovre che farà immancabilmente morire il paziente, cioè il cattolico normale. Perché il cattolico di Voghera si merita ben altro, di fronte al fenomeno, ormai diventato rituale, di uomini di Chiesa che si alzano la mattina, ne dicono una grossa confidando nella “immunità clericale”, e chi si è visto si è visto. Purtroppo, il caso dell’arcivescovo emerito di Milano è, in tal senso, esemplare. Che cosa ha scritto, esattamente, il card. Martini? Il testo è tratto dal libro Credere e conoscere, in uscita per Einaudi, scritto in dialogo con l’ex senatore del Pd Ignazio Marino. Il card. Martini ogni tanto ama questa forma letteraria: qualche tempo fa, per esempio, aveva scritto un libro analogo con don Luigi Verzè (il patròn del San Raffaele), dal significativo titolo, Siamo tutti nella stessa barca. Ma torniamo alla cronaca di questi giorni. Ecco qua il brano incriminato: «Io ritengo che la famiglia vada difesa perchè è veramente quella che sostiene la società in maniera stabile e permanente e per il ruolo fondamentale che esercita nell'educazione dei figli. Però non è male che, in luogo di rapporti omosessuali occasionali, che due persone abbiano una certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli». Il campionato mondiale di arrampicata sugli specchi non finisce mai, e i cattolici pronti a parteciparvi sono sempre numerosissimi. Ma temo che questa volta anche un fuoriclasse del settore debba arrendersi all’evidenza: il card. Martini scrive proprio che lo Stato deve aiutare gli omosessuali a stabilizzare il loro rapporto. Teorizza una pagina inedita del catechismo cattolico, sostenendo che - insomma -, piuttosto che avere rapporti occasionali e superficiali, le persone omosessuali si impegnino in maniera seria e prolungata, grazie anche a un istituto messo a punto dallo Stato. Più chiaro di così.

La Congregazione per la dottrina della fede ha pubblicato non uno, ma due documenti per insegnare il contrario, e per dire che un politico, vieppiù se cattolico, non può sostenere proposte di legge che prevedano il riconoscimento di unioni omosessuali. Ergo: Martini e la Chiesa insegnano cose diametralmente opposte. Può essere anche doloroso scriverlo, ma ammetterlo è facile facile. Questione di logica elementare. Le uova sono rotte e la frittata è fatta. Ed è qui che si inserisce il grave errore operativo del mondo cattolico ufficiale: fatto di silenzi imbarazzati, e di difese penose che arrancano nel tentativo impossibile di rendere omogeneo quanto detto dal cardinale e quanto insegnato dalla Chiesa in tutti questi anni. Ovviamente, non ignoriamo le ragioni della prudenza, il timore degli scandali, la necessità del rispetto dovuto ai principi della Chiesa, cui si aggiunge nel caso di Martini la pietas dovuta a un uomo di veneranda età, per di più colpito dalla malattia. Ma qui c’è un punto che non può sfuggire a nessuno: e cioè che lo scandalo è già accaduto, ed è pubblico. Ed è lo scandalo provocato da una presa di posizione eterodossa a opera di un vescovo cattolico, che quando parla raggiunge attraverso i mass-media milioni di persone.

I fedeli cattolici hanno un diritto che è più forte di ogni altra esigenza, e che riposa nella legge suprema della Chiesa cattolica: la salus animarum, la salvezza delle anime. Se un pastore insegna cose sbagliate in materia non opinabile – e questa, indubbiamente, non lo è - i fedeli hanno il diritto di essere aiutati a riconoscere l’errore, e l’errante deve essere smascherato per il bene di ogni singolo fedele. Di più: solo le persone in mala fede o gli allocchi possono far finta di non vedere che le sortite “aperturiste” - cui il card. Martini non è nuovo - scuotono la Chiesa in tutte le sue pieghe locali, e rendono ancor più fertile il già rigoglioso sottobosco delle piccole e grandi eresie parrocchiali. Adesso i sacerdoti e catechisti, le suore e i teologi che vogliono essere possibilisti sulle unioni fra persone dello stesso sesso hanno la pezza d’appoggio delle parole autorevoli del “biblista Martini”; adesso regaleranno il libro scritto a quattro mani con Marino ai consigli parrocchiali, “perché così almeno si fanno un’idea e raccolgono la provocazione”. E inviteranno anche il medico Marino (“che è cattolico, intendiamoci”) a tenere qualche bella conferenza, insieme a Enzo Bianchi. Che ci sta comunque sempre bene. Ecco: questo è il quadro della situazione. Senza forzature e senza animosità, noi cattolici di Voghera diciamo: Roma, abbiamo un problema. Fate presto, aiutateci.

Gli scandali del Vaticano e gli scandali nostri: LA CHIESA CATTOLICA HA BISOGNO DI PRETI MA NON SOLO...

LETTERA APERTA A DIO

Abbiamo bisogno di preti, Signore, ma di preti fatti sul Tuo stampo; non vogliamo sgorbi, non vogliamo "occasionali", ma preti autentici, che ci trasmettano Te senza mezzi termini, senza ristrettezze, senza paure.
Vogliamo preti "a tempo pieno", che consacrino ostie, ma soprattutto anime, trasformandole in Te; preti che parlino con la vita, più che con la parola e gli scritti; preti che spendano il loro sacerdozio anziché studiare di salvaguardarne la dignità.
Sai bene, Signore, che l'uomo della strada non è molto cambiato da quello dei Tuoi tempi; ha ancora fame; ha ancora sete; fame e sete di Te, che solo Tu puoi appagare.
Allora donaci preti stracolmi di Te, come un Curato d'Ars, preti che sappiano irradiarTi; preti che ci diano Te.
Di questo, solo di questo noi abbiamo bisogno.
Perdona la mia impertinenza: tieniTi i preti dotti, tieniTi i preti specializzati, i preti eloquenti, i preti che san fare schemi, inchieste, rilievi.
A noi, Signore, bastano i preti dal cuore aperto, dalle mani forate, dallo sguardo limpido.
Cerchiamo preti che sappiano pregare più che organizzare, preti che sappiano parlare con Te, perché quando un prete prega, il popolo è sicuro.
Oggi si fanno inchieste, si fanno sondaggi su come sarà, su come la gente vuole il prete.
Non ho mai risposto a queste inchieste, ma a Te, Signore, posso e voglio dirlo: il prete io lo voglio impastato di preghiera.
Donaci, o Signore, preti dalle ginocchia robuste, che sappiano sostare davanti a Te, preti che sappiano adorare, impetrare, espiare; preti che non abbiano altro recapito che il Tuo Tabernacolo.
E dimenticavo: rendici degni di avere tali preti.

Grazie Signore per aver ascoltato questo mio sfogo e aiutami a essere come la creta nelle mani del Vasaio, nelle Tue mani.

lunedì 11 giugno 2012

Meditiamo insieme il messaggio della Regina della Pace dato a tutti noi attraverso Mirjana il 2 giugno

Cari figli,


sono continuamente in mezzo a voi perchè, col mio infinito amore, desidero mostrarvi la porta del Paradiso.

Desidero dirvi come si apre: per mezzo della bontà, dell'amore, della pace, per mezzo di mio Figlio.

Perciò, figli miei, non perdete tempo in vanità.

Solo la conoscenza dell'amore di mio Figlio può salvarvi.

Per mezzo di questo amore salvifico e dello Spirito Santo, Egli mi ha scelto ed io, insieme a Lui, scelgo voi perchè siete apostoli del Suo amore e della Sua volontà.

Figli miei, su di voi c'è una grande responsabilità.

Desidero che voi, col vostro esempio, aiutate i peccatori a tornare a vedere, che arricchiate le loro povere anime e le riportiate tra le mie braccia.

Perciò pregate, pregate, digiunate e confessatevi regolarmente.

Se mangiare mio Figlio è il centro della vostra vita, allora non abbiate paura: potete fare tutto.

Io sono con voi.

Prego ogni giorno per i pastori e mi aspetto lo stesso da voi.

Perchè, figli miei, senza la loro guida e il rafforzamento che vi viene per mezzo della benedizione non potete andare avanti.

Vi ringrazio

ECCOCI MADRE, GUIDACI!


Mentre invitiamo a mantenere gli impegni quotidiani personali già presi, esortiamo per diventare “un cuor solo e un'anima sola” a mettersi in unione spirituale col Movimento in uno o più appuntamenti in modo costante.

Ore 7.30 Santo Rosario
Ore 12.00 Angelus (da Pasqua a Pentecoste Regina Coeli)
Ore 15.00 Coroncina della Divina Misericordia
Ore 17.20 Santo Rosario
Ore 17.40 * 18.40 (ora solare-ora legale) Apparizione della Vergine Santissima a Medjugorje
Ore 20.30 Santo Rosario
Ore 24.00 Santo Rosario
Ore 3.00 Coroncina della Divina Misericordia

Mercoledì e Venerdì: Digiuno a pane ed acqua. Per chi non può non un fioretto ma un "fiorone"... e comunque sempre digiuno dal peccato!

Terminiamo ripetendo sempre:
Maria, Regina della Pace e del Movimento, Madre mia: totus tuus!