venerdì 24 aprile 2009

Deus ti Salvet Maria... Vergine Santissima gloria della Sardegna e di tutti i cuori dei tuoi figli!!!

Vergine Santissima di Bonaria - Sardegna


Sul colle di Bonaria, nel 1324, si insediarono gli Aragonesi, che vi fondarono una cittadella fortificata. Nel 1335 la chiesa della cittadella, intitolata alla Trinità e alla Madonna, venne affidata ai frati mercedari.La leggenda narra che il 25 marzo del 1370 una nave, che dalla Spagna dirigeva verso l'Italia, si imbattè in una improvvisa e violenta tempesta. Nell'estremo tentativo di salvare l'equipaggio, il capitano della nave diede ordine di gettare in mare tutto il carico. Questa fu la sorte anche di una pesante e grande cassa, di cui si ignorava il contenuto, che fu gettata per ultima. Appena questa toccò acqua, la tempesta si placò. Successivamente la cassa approdò nella spiaggia situata alla base del colle di Bonaria, vicino a Cagliari, dove suscitò la curiosità dei presenti. Nessuno però riuscì ad aprirla o a sollevarla se non i frati mercedari, chiamati dal vicino convento, situato sulla cima del colle. I frati portarono la cassa al convento, la aprirono e verificarono che il contenuto era un'imponente statua lignea della Madonna col Bambino, la quale teneva nella mano destra una candela accesa. La Madonna, raffigurata nella statua, prese quindi il nome di Nostra Signora di Bonaria, dal luogo in cui venne rinvenuta.La chiesa del convento ospitò il simulacro, divenendo da allora il santuario della Madonna di Bonaria.
Un ringraziamento particolare alla nostra cara Anna Rita Erbì

mercoledì 22 aprile 2009

Associazione Meter e il caro Don Fortunato Di Noto www.associazionemeter.org



Dal 25 aprile alla prima domenica di maggio l'Associazione Meter onlus, del caro amico don Fortunato Di Noto, celebra la Giornata dei Bambini vittime della violenza dello sfruttamento e dell’indifferenza (GBV).

La tua adesione sarebbe il filo comune che ci lega nel servizio, nella Chiesa e nella Società all'infanzia.

Tutti potete organizzare nelle parrocchie, nelle scuole, nelle associazioni, negli enti pubblici e privati questo evento in unione con don Fortunato.

La GBV è un evento nazionale e internazionale, giunto al 13° anno.

Aderisci, diffondi e invia un messaggio.

Per maggiori dettagli e informazioni e richiesta materiale, scrivi a: gbv@associazionemeter.org
oppure Numero Verde nazionale 800 455270

venerdì 10 aprile 2009

CORONCINA delle SANTE PIAGHE di GESU' CRISTO

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

O Dio vieni a salvarmi.
Signore vieni presto in mio aiuto!


Gloria
Credo


1 O Gesù, divin Redentore, abbi misericordia di noi e del mondo intero. Amen
2 Dio Santo, Dio forte, Dio immortale, abbi pietà di noi e del mondo intero. Amen
3 O Gesù per mezzo del tuo sangue preziosissimo, donaci grazia e misericordia nei pericoli presenti. Amen
4 O Padre Eterno, per il Sangue di Gesù Cristo, tuo unico Figlio, ti scongiuriamo di usarci misericordia. Amen. Amen. Amen

Sui grani del Padre nostro si prega:
Eterno Padre ti offro le piaghe di nostro Signore Gesù Cristo per guarire quelle delle anime nostre.

Sui grani dell'Ave Maria si prega:
Gesù mio, perdono e misericordia per i meriti delle tue sante piaghe.

Alla fine della coroncina si reciti 3 volte:
Eterno Padre ti offro le piaghe di nostro Signore Gesù Cristo per guarire quelle delle anime nostre

Venerdì Santo e 1° giorno della Novena alla DIVINA MISERICORDIA

"Osservate le sue piaghe, per imparare ad amare"
Osservare e contemplare la croce significa imparare:
Dio mi perdona, non temo.
Dio mi perdona, non ho paura.
Il mio Padre è buono.
(Padre Jozo, settembre 1998)

Omelia del Santo Padre ai sacerdoti per la Santa Messa Crismale


Cari fratelli e sorelle,

lo scrittore russo Leone Tolstoi narra in un piccolo racconto di un sovrano severo che chiese ai suoi sacerdoti e sapienti di mostrargli Dio affinché egli potesse vederlo.

I sapienti non furono in grado di appagare questo suo desiderio. Allora un pastore, che stava giusto tornando dai campi, si offrì di assumere il compito dei sacerdoti e dei sapienti.

Il re apprese da lui che i suoi occhi non erano sufficienti per vedere Dio. Allora, però, egli volle almeno sapere che cosa Dio faceva.

"Per poter rispondere a questa tua domanda – disse il pastore al sovrano – dobbiamo scambiare i vestiti". Con esitazione, spinto tuttavia dalla curiosità per l’informazione attesa, il sovrano acconsentì; consegnò i suoi vestiti regali al pastore e si fece rivestire del semplice abito dell’uomo povero.

Ed ecco allora arrivare la risposta: "Questo è ciò che Dio fa". Di fatto, il Figlio di Dio – Dio vero da Dio vero – ha lasciato il suo splendore divino: "…spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso … fino alla morte di croce" (cfr Fil 2,6ss).

Dio ha – come dicono i Padri – compiuto il sacrum commercium, il sacro scambio: ha assunto ciò che era nostro, affinché noi potessimo ricevere ciò che era suo, divenire simili a Dio.

San Paolo, per quanto accade nel Battesimo, usa esplicitamente l’immagine del vestito: "Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo" (Gal 3,27).

Ecco ciò che si compie nel Battesimo: noi ci rivestiamo di Cristo, Egli ci dona i suoi vestiti e questi non sono una cosa esterna. Significa che entriamo in una comunione esistenziale con Lui, che il suo e il nostro essere confluiscono, si compenetrano a vicenda.

"Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" – così Paolo stesso nella Lettera ai Galati (2,2) descrive l’avvenimento del suo battesimo. Cristo ha indossato i nostri vestiti: il dolore e la gioia dell’essere uomo, la fame, la sete, la stanchezza, le speranze e le delusioni, la paura della morte, tutte le nostre angustie fino alla morte. E ha dato a noi i suoi "vestiti". Ciò che nella Lettera ai Galati espone come semplice "fatto" del battesimo – il dono del nuovo essere – Paolo ce lo presenta nella Lettera agli Efesini come un compito permanente: "Dovete deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima! … [Dovete] rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera. Perciò, bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membri gli uni degli altri. Nell’ira, non peccate…" (Ef 4,22-26).

Questa teologia del Battesimo ritorna in modo nuovo e con una nuova insistenza nell’Ordinazione sacerdotale.

Come nel Battesimo viene donato uno "scambio dei vestiti", uno scambio del destino, una nuova comunione esistenziale con Cristo, così anche nel sacerdozio si ha uno scambio: nell’amministrazione dei Sacramenti, il sacerdote agisce e parla ora "in persona Christi". Nei sacri misteri egli non rappresenta se stesso e non parla esprimendo se stesso, ma parla per l’Altro – per Cristo. Così nei Sacramenti si rende visibile in modo drammatico ciò che l’essere sacerdote significa in generale; ciò che abbiamo espresso con il nostro "Adsum – sono pronto" durante la consacrazione sacerdotale: io sono qui perché tu possa disporre di me. Ci mettiamo a disposizione di Colui "che è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi…" (2Cor 5,15). Metterci a disposizione di Cristo significa che ci lasciamo attirare dentro il suo "per tutti": essendo con Lui possiamo esserci davvero "per tutti".

In persona Christi – nel momento dell’Ordinazione sacerdotale, la Chiesa ci ha reso visibile ed afferrabile questa realtà dei "vestiti nuovi" anche esternamente mediante l’essere stati rivestiti con i paramenti liturgici. In questo gesto esterno essa vuole renderci evidente l’evento interiore e il compito che da esso ci viene: rivestire Cristo; donarsi a Lui come Egli si è donato a noi. Questo evento, il "rivestirsi di Cristo", viene rappresentato sempre di nuovo in ogni Santa Messa mediante il rivestirci dei paramenti liturgici. Indossarli deve essere più di un fatto esterno: è l’entrare sempre di nuovo nel "sì" del nostro incarico – in quel "non più io" del battesimo che l’Ordinazione sacerdotale ci dona in modo nuovo e al contempo ci chiede. Il fatto che stiamo all’altare, vestiti con i paramenti liturgici, deve rendere chiaramente visibile ai presenti che stiamo lì "in persona di un Altro". Gli indumenti sacerdotali, così come nel corso del tempo si sono sviluppati, sono una profonda espressione simbolica di ciò che il sacerdozio significa. Vorrei pertanto, cari confratelli, spiegare in questo Giovedì Santo l'essenza del ministero sacerdotale interpretando i paramenti liturgici che, appunto, da parte loro vogliono illustrare che cosa significhi "rivestirsi di Cristo", parlare ed agire in persona Christi.

L’indossare le vesti sacerdotali era una volta accompagnato da preghiere che ci aiutano a capire meglio i singoli elementi del ministero sacerdotale. Cominciamo con l’amitto. In passato – e negli ordini monastici ancora oggi – esso veniva posto prima sulla testa, come una specie di cappuccio, diventando così un simbolo della disciplina dei sensi e del pensiero necessaria per una giusta celebrazione della Santa Messa. I pensieri non devono vagare qua e là dietro le preoccupazioni e le attese del mio quotidiano; i sensi non devono essere attirati da ciò che lì, all’interno della chiesa, casualmente vorrebbe sequestrare gli occhi e gli orecchi. Il mio cuore deve docilmente aprirsi alla parola di Dio ed essere raccolto nella preghiera della Chiesa, affinché il mio pensiero riceva il suo orientamento dalle parole dell’annuncio e della preghiera. E lo sguardo del mio cuore deve essere rivolto verso il Signore che è in mezzo a noi: ecco cosa significa ars celebrandi – il giusto modo del celebrare. Se io sono col Signore, allora con il mio ascoltare, parlare ed agire attiro anche la gente dentro la comunione con Lui.I testi della preghiera che interpretano il camice e la stola vanno ambedue nella stessa direzione. Evocano il vestito festivo che il padre donò al figlio prodigo tornato a casa cencioso e sporco.

Quando ci accostiamo alla liturgia per agire nella persona di Cristo ci accorgiamo tutti quanto siamo lontani da Lui; quanta sporcizia esiste nella nostra vita. Egli solo può donarci il vestito festivo, renderci degni di presiedere alla sua mensa, di stare al suo servizio. Così le preghiere ricordano anche la parola dell’Apocalisse secondo cui i vestiti dei 144.000 eletti non per merito loro erano degni di Dio. L’Apocalisse commenta che essi avevano lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello e che in questo modo esse erano diventate candide come la luce (cfr Ap 7,14). Già da piccolo mi sono chiesto: Ma quando si lava una cosa nel sangue, non diventa certo bianca! La risposta è: il "sangue dell’Agnello" è l’amore del Cristo crocifisso. È questo amore che rende candide le nostre vesti sporche; che rende verace ed illuminato il nostro spirito oscurato; che, nonostante tutte le nostre tenebre, trasforma noi stessi in "luce nel Signore". Indossando il camice dovremmo ricordarci: Egli ha sofferto anche per me. E soltanto perché il suo amore è più grande di tutti i miei peccati, posso rappresentarlo ed essere testimone della sua luce.Ma con il vestito di luce che il Signore ci ha donato nel Battesimo e, in modo nuovo, nell’Ordinazione sacerdotale, possiamo pensare anche al vestito nuziale, di cui Egli ci parla nella parabola del banchetto di Dio. Nelle omelie di san Gregorio Magno ho trovato a questo riguardo una riflessione degna di nota. Gregorio distingue tra la versione di Luca della parabola e quella di Matteo. Egli è convinto che la parabola lucana parli del banchetto nuziale escatologico, mentre – secondo lui – la versione tramandata da Matteo tratterebbe dall’anticipazione di questo banchetto nuziale nella liturgia e nella vita della Chiesa. In Matteo – e solo in Matteo – infatti il re viene nella sala affollata per vedere i suoi ospiti. Ed ecco che in questa moltitudine trova anche un ospite senza abito nuziale, che viene poi buttato fuori nelle tenebre. Allora Gregorio si domanda: "Ma che specie di abito è quello che gli mancava? Tutti coloro che sono riuniti nella Chiesa hanno ricevuto l’abito nuovo del battesimo e della fede; altrimenti non sarebbero nella Chiesa. Che cosa, dunque, manca ancora? Quale abito nuziale deve ancora essere aggiunto?" Il Papa risponde: "Il vestito dell’amore". E purtroppo, tra i suoi ospiti ai quali aveva donato l’abito nuovo, la veste candida della rinascita, il re trova alcuni che non portano il vestito color porpora del duplice amore verso Dio e verso il prossimo. "In quale condizione vogliamo accostarci alla festa del cielo, se non indossiamo l’abito nuziale – cioè l’amore, che solo può renderci belli?", domanda il Papa. Una persona senza l’amore è buia dentro. Le tenebre esterne, di cui parla il Vangelo, sono solo il riflesso della cecità interna del cuore (cfr Hom. 38, 8-13).Ora che ci apprestiamo alla celebrazione della Santa Messa, dovremmo domandarci se portiamo questo abito dell’amore. Chiediamo al Signore di allontanare ogni ostilità dal nostro intimo, di toglierci ogni senso di autosufficienza e di rivestirci veramente con la veste dell’amore, affinché siamo persone luminose e non appartenenti alle tenebre.Infine ancora una breve parola riguardo alla casula. La preghiera tradizionale quando si riveste la casula vede rappresentato in essa il giogo del Signore che a noi come sacerdoti è stato imposto. E ricorda la parola di Gesù che ci invita a portare il suo giogo e a imparare da Lui, che è "mite e umile di cuore" (Mt 11,29). Portare il giogo del Signore significa innanzitutto: imparare da Lui. Essere sempre disposti ad andare a scuola da Lui. Da Lui dobbiamo imparare la mitezza e l’umiltà – l’umiltà di Dio che si mostra nel suo essere uomo. San Gregorio Nazianzeno una volta si è chiesto perché Dio abbia voluto farsi uomo. La parte più importante e per me più toccante della sua risposta è: "Dio voleva rendersi conto di che cosa significa per noi l’obbedienza e voleva misurare il tutto in base alla propria sofferenza, all’invenzione del suo amore per noi. In questo modo, Egli può conoscere direttamente su se stesso ciò che noi sperimentiamo – quanto è richiesto da noi, quanta indulgenza meritiamo – calcolando in base alla sua sofferenza la nostra debolezza" (Discorso 30; Disc. teol. IV,6). A volte vorremmo dire a Gesù: Signore, il tuo giogo non è per niente leggero. È anzi tremendamente pesante in questo mondo. Ma guardando poi a Lui che ha portato tutto – che su di sé ha provato l’obbedienza, la debolezza, il dolore, tutto il buio, allora questi nostri lamenti si spengono. Il suo giogo è quello di amare con Lui. E più amiamo Lui, e con Lui diventiamo persone che amano, più leggero diventa per noi il suo giogo apparentemente pesante.Preghiamolo di aiutarci a diventare insieme con Lui persone che amano, per sperimentare così sempre di più quanto è bello portare il suo giogo. Amen.

giovedì 2 aprile 2009

GIOVANNI PAOLO II - NON LASCIARCI MAI

GIOVANNI PAOLO II

TESTIMONIANZA di un RESPONSABILE del MOVIMENTO:
Non ci sono parole adatte per parlare di Giovanni Paolo II. E' difficile scrivere di lui evitando che la commozione stringa forte il cuore. La prima volta lo incontrai ad Assisi per la Preghiera per la Pace e letteralmente sfondando le guardie mi gettai su di lui per dargli un abbraccio. Ricordo le sue mani che afferrarono tutto il mio volto. Credetemi: ricordo il calore delle sue mani. La frase che mi pronunciò: “dai la vita al Papa? Tu darai la vita per Cristo”. A quel tempo non ero ancora adolescente. Giovanni Paolo II ha insegnato molto a tutti ma ha fatto di più: è stato PADRE per tutti gli uomini e non solo per i cristiani. Non si è mai risparmiato: ha dato tutto per annunciare, senza badare alla fatica e ai rischi, il messaggio di pace e di amore che è Gesù... la VIA, la VERITA', la VITA!!! Il suo segreto è stato un affidamento radicale alla Vergine Madre di Dio e Madre nostra: TOTUS TUUS! Il Signore gli ha dato la forza di cambiare la storia del secolo appena concluso con conseguenze epocali. Come dimenticare le sue parole per un'umanità nuova, contro l'aborto, contro ogni sfruttamento e discriminazione, contro il cattivo uso della natura, contro il consumismo della globalizzazione capitalistica, contro ogni ideologia totalitaria e ogni relativismo? Come dimenticare le sue omelie, i suoi scritti...Come dimenticare le sue preghiere... Vi ricordate l'ultima Via Crucis come stringeva il Crocifisso con amore, con passione, con fede, con forza?... Vi ricordate come davanti al mondo intero nel suo ultimo Regina Coeli ha dato la Benedizione? Ci rendiamo conto di quanto ha sofferto, di quante cose ha portato nel cuore? Siamo consapevoli che ciascuno di noi era nei suoi pensieri?Siamo coscienti che in questo momento gli possiamo parlare, gli possiamo chiedere preghiere e di intercedere presso il Padre? Lo facciamo? Guardiamo la bellezza di Giovanni Paolo II.
Cosa non sa fare Dio a chi si mette umilmente come figlio nelle mani di Maria sua e nostra tenera Mamma! E' incredibile!!! Giovanni Paolo II ci è vicino. Ci è d'esempio. Ci indica una strada percorribile: TOTUS TUUS EGO SUM ... MAMMA SIAMO TUTTI TUOI. FACCI COME GESU'.
Che nessuno si tiri indietro.
Sappiamo anche come Giovanni Paolo II era affezionato a Medjugorje: sono moltissime le sue dichiarazioni a proposito. Lui ci insegna ad essere pellegrini con il cuore. Ricordiamoci poi come sono stati i suoi ultimi giorni. Chi era con me ha nel cuore quei tre giorni in sacco a pelo in Piazza San Pietro. Le preghiere insistenti... la gente: “NON LASCIARCI MAI!”.
Il Rosario di S. Em Comastri, caro amico, che terminando con Salve Regina dava l'annuncio del passaggio al Cielo del Papa. Le ore di cammino per vedere la salma per l'ultimo saluto terreno: la prima visita dopo 8 ore di fila per chiedere Grazie straordinarie, la seconda visita dopo quasi 13 ore di fila per pregare per il futuro Santo Padre affinchè fosse tutto di Maria.
Io ho avuto un dono grande: quello di incontrare Giovanni Paolo II poco prima che incominciasse il suo triduo.
Gli dissi: “col cuore, Padre mio, ti porto a Medjugorje. Prega per me e per quello che il Signore mi chiede”. Lui mi fissò e mie diede tre pacchette sulla testa.

“La Regina della Pace interceda per l'umanità intera affinchè l'odio e la morte non abbiano mai l'ultima parola” (Giovanni Paolo II, 30 ottobre 2001)

GIOVANNI PAOLO II PREGA PER NOI!

ECCOCI MADRE, GUIDACI!


Mentre invitiamo a mantenere gli impegni quotidiani personali già presi, esortiamo per diventare “un cuor solo e un'anima sola” a mettersi in unione spirituale col Movimento in uno o più appuntamenti in modo costante.

Ore 7.30 Santo Rosario
Ore 12.00 Angelus (da Pasqua a Pentecoste Regina Coeli)
Ore 15.00 Coroncina della Divina Misericordia
Ore 17.20 Santo Rosario
Ore 17.40 * 18.40 (ora solare-ora legale) Apparizione della Vergine Santissima a Medjugorje
Ore 20.30 Santo Rosario
Ore 24.00 Santo Rosario
Ore 3.00 Coroncina della Divina Misericordia

Mercoledì e Venerdì: Digiuno a pane ed acqua. Per chi non può non un fioretto ma un "fiorone"... e comunque sempre digiuno dal peccato!

Terminiamo ripetendo sempre:
Maria, Regina della Pace e del Movimento, Madre mia: totus tuus!