domenica 8 gennaio 2012

Il DOVERE... ma anche il DIRITTO... DI NON TACERE

Qualche anno fa siamo stati i primi a metterci subito in prima linea per denunciare nel Nord Italia l'opera d'arte (?!?) che raffigurava un Crocifisso dove Dio aveva il volto di una rana. Appoggiammo la comunità cattolica e il vescovo del posto e facemmo in modo di far sapere la cosa a tutti.

Ancora non abbiamo scritto alcuna riflessione, anche in questo caso come già fatto in passato, per tutti i cristiani che stanno dando la vita in Nigeria nel nome di Gesù e per il Suo nome sono perseguitati... e siamo nel 2012!

Stiamo pregando, stiamo digiunando, stiamo letteralmente soffrendo.

Possibile che non riusciamo a unirci tutti per una manifestazione di solidarietà così come abbiamo fatto per il lontano FAMILY DAY?

Per chi avesse scarsa conoscenza della storia della Chiesa, vogliamo ricordare e se necessario insegnare che i cristiani non sono mai stai chiusi nelle catacombe per nascondersi nemmeno nel tempo dei romani, quello dei primi martiri.

San Paolo insegna che la fede cresce con la testimonianza.
Qui sorge un problema: i politici si ricordano di noi quando c'è il tempo del voto e chiedono la nostra testimonianza... ma noi ci dimentichiamo di darla sempre.
Non basta la fede e la preghiera: sopra tutto e ogni cosa c'è la carità e su quella verremo giudicati. La spiritualità non può esistere senza l'azione ovvero la morale e l'etica.

Ora, se durante uno spettacolo a teatro fossero rivolte dagli attori oltraggi ad una gigantografia di Gesù sulla scena e, a conclusione della performance, venissero gettati anche degli escrementi su quell’immagine, un cattolico avrebbe il diritto di sentirsi offeso e perciò di reagire, oppure dovrebbe accettare tutto questo come arte?
Se tale domanda può sembrare teorica, debbo dire che purtroppo essa rispecchia quanto è successo - nell’assordante silenzio della nostra laica e democratica stampa - lo scorso dicembre in un teatro della “civilissima” Parigi. La trama della commedia, se così ancora vogliamo chiamarla, dal titolo “Sul concetto di volto nel Figlio di Dio”, scritta e diretta da un certo Romeo Castellucci, autore d’avanguardia, denuncia la solitudine e la degradazione dell’uomo di fronte alla vecchiaia, alla malattia e all’abbandono di Dio stesso.
Ed ecco, allora, il colpo di genio dell’autore. Nella seconda parte della rappresentazione, il palcoscenico viene letteralmente cosparso da escrementi (degna immagine di quest’opera, ndr) per mostrare l’estrema degradazione umana. Poi, senza dire una parola, in scena salgono dei ragazzi che si chinano raccogliere queste feci per poi lanciarle, come si fa in un tiro a segno, sul volto di Gesù, illustrato dallo splendido capolavoro di Antonello da Messina. Alla fine di questa azione, sull’immagine, ormai completamente imbrattata, cala un velo nero con la scritta: “You are not my shepherd” (“Tu non sei il mio pastore”).
Davanti a tanta blasfemia non tutti i cristiani hanno voluto porgere l’altra guancia. Sono stati presentati decine di ricorsi giudiziari, esposti, petizioni con migliaia di firme un po’ in tutta la Francia per la cancellazione dello spettacolo, ma tutto è stato vano.
Non vogliamo neanche pensare a che cosa sarebbe successo se, al posto del Volto di Cristo, ci fosse stato un simbolo islamico o ebraico, oppure il volto di un omosessuale. Si sarebbe gridato alla scandalo, al razzismo, al fascismo e via discorrendo; ma per offendere Cristo ci si appella all’arte e alla libertà d’espressione sapendo, con il coraggio dei vili, che a differenza di altre confessioni religiose, non c’è alcun pericolo di ritorsione, anzi solo tanta pubblicità.
Davanti al silenzio delle autorità parigine, alcuni cattolici, tutti giovanissimi, hanno protestato cercando, dopo aver comprato regolarmente il biglietto, di interrompere più volte la rappresentazione, salendo sul palco e mettendosi a pregare, tra insulti e bestemmie degli altri spettatori, fino all’arrivo della polizia che li ha arrestati e messi in galera.
Si dirà che, nonostante lo scandalo per un tale spettacolo, la risposta dei ragazzi è stata di certo troppo violenta, degna della Chiesa ottusa ed oscurantista di un tempo, nel tentativo di voler proibire ad altri di godere di tale rappresentazione. Insomma si dirà che si trattava di gente poco dialogante.
Tutto vero; ma quando allora un cristiano deve intervenire per difendere i diritti di Dio e la dignità della propria fede? Forse, come vorrebbero molti, nel silenzio? Intanto i ragazzi arrestati sono passibili di pene che vanno da uno a tre anni di carcere, come per gli spacciatori di droga o gli sfruttatori della prostituzione, con multe da 15.000 a 45.000 euro.
Quasi tutti gli arrestati sono molto giovani e non hanno certo i mezzi finanziari per difendersi dalle tante cause intentate per la loro azione di disturbo, ma non è ancora finita. Alcuni hanno già perso il lavoro ed altri lo stanno perdendo come un giovane, con famiglia a carico, che ha ricevuto un ultimatum dalla sua azienda e rischia di essere licenziato.
Tutto questo mentre chi offende Dio, grazie alla macchina della propaganda, si può erigere a martire della libertà. Giornali come Le Monde, Libération, l’Humanité, Rue89, il Nouvel Observateur, Télérama hanno messo alla gogna mediatica questi “ribelli” e, lo dico con tristezza, anche il cattolico la Croix.
Ma questa è la giustizia del mondo, come sanno bene tutti i veri cristiani. ”Se hanno perseguitato me – dice Gesù agli apostoli – perseguiteranno anche voi” (Gv 15, 17 18 20) e così, purtroppo, sarà fino alla fine dei tempi. Ma questo non significa che si debba per forza tacere fino a quella data.

venerdì 6 gennaio 2012

Alla TUA LUCE vediamo la LUCE - Cristo, la Chiesa, i Pastori e tutti noi: EPIFANIA!

I Magi, discepoli della luce, ci mostrano il corretto percorso della ragione e dei sensi per incontrare Gesù luce del mondo.
Alla Tua Luce vediamo la Luce dice il salmo 36.
Ed è vero.
Senza questa luce depositata nel cuore dell'uomo che grida a Dio, risvegliata e alimentata dalla grazia, l'uomo è cieco.
Cieco totalmente o parzialmente.
Totalmente quando non riconosce Dio nel bambino di Betlemme; parzialmente quando "riconosce" Cristo ma non la Sua Chiesa e la successione apostolica.
Meno frequente la prima cecità, assai più frequente la seconda con una miriade di sfumature. Da quella liberale a quella progressista a quella anticlericale. Da quella di una teologia della liberazione a quella del dissenso sterile.
Celebrare l'Epifania, la manifestazione di Gesù, vuol dire, dunque, non solo riconoscere Cristo, Luce del Mondo e quindi Stella della mia storia personale. Ma riconoscere la Chiesa come luce della mia storia.
Le ombre che, inevitabilmente, sono presenti nella storia della Chiesa, passata o presente, non oscurano il fiume di grazia che essa porta e che appare "manifesto" ai semplici e ai dotti, che, alla Luce vedono la Luce.
Questo perché questa Luce entra nell'intimo e fa la differenza; la totale diferenza di un uomo che si ferma (e si siede) nella ricerca e invece di un uomo che vive per la sua fede; fede che presuppone una ricerca sincera, sofferta, dinamica e umile. Una ricerca che coinvolge tutta la persona in scelte e tagli anche scomodi. Questa Luce consente alla ragione di "ragionare" bene e di vedere oltre la cortina (a volte un muro) delle proprie disconosciute dinamiche e ferite categoriali ed affettive. Quelle cortine e quei muri abbattutti a fatica ma con gioia dai santi come Francesco di Assisi che hanno fatto dell'illuminazione e della devozione la direttiva portante dell'amore a Cristo e alla Chiesa.
Qui si presenta il dissenso fecondo, quello che obbedisce e che ripara la "casa del Signore". Qui sta la vera Luce.
La Manifestazione sceglie la logica del nascondimento alla logica mondana, al fasto, al clamore e alla superbia del razionalismo. La Manifestazione sceglie la via dell'umiltà e della temperanza; della coscienza illuminata e non confusa dalla propria pazzia e dalle proprie ferite. Una Manifestazione che si comprende in ginocchio davanti a Gesù bambino e nel rispetto carico di ascolto davanti ai pastori della Chiesa, al di la dei propri meriti o demeriti.
Non perché questi ultimi meritino adorazione, anzi, ma perché ciò è gradito a Dio e a chi conosce l'umiltà di Betlemme. Perché la fede in Gesù fa compiere quel salto, impossibile ad una coscienza ferita, di riconoscere il dito di Dio anche nelle contraddizioni, forse presenti, nel pastore che ci sta innanzi nell'esercizio del suo ministero.
Luce donata per tutti, credenti e non credenti ma che, specialmente in questi tempi, è chiamata ad illuminare coloro che si chiamano cattolici ma che si sono creati un Gesù ed una Chiesa a propria immagine e somiglianza. L'Epifania dunque è festa anche Ecclesiale ed è uno stile di vita fatto di umiltà, sobrietà e temperanza. E' la conquista del posto che il Singore ti dona anche attraverso le contraddizioni della tua storia. Lo stile dei semplici e dei dotti che cercano la Luce e non la calpestano con le proprie ferite e con le proprie malignità. Che amano Cristo come unico sposo e che amano la Chiesa e danno la vita per lei. Senza cercarne un'altra da quella che si presenta storicamente... ma... lavorando umilmente e assiduamente, pagando di persona, dentro di essa. Senza cercare fughe; senza cercare sconti.Come servi inutili e, proprio per questo, cristologicamente utilissimi. Non alla ricerca di un ruolo o di un posto ma alla ricerca "nuda" del posto che il Signore ti dona. Manifestazione, Epifania, vuol dire scegliere finalmente di fidarsi di Dio. Essere cattolici infatti significa essere uomini che vivono di provvidenza. Su ogni aspetto della propria vita.Essere cattolici è un cammino verso la nudità per essere rivestiti solo del manto e della veste che il Signore nel suo tempo e nel suo amore vuole darti.Qui comincia la pace; nel deporre le armi e le immagini distorte che ci siamo costruiti pensando di adorare Dio ed invece servivamo solo la nostra miseria e il potere rubato con le nostre mani, l'invidia, la gelosia, la maldicenza, l'arroganza, l'arrivismo, la superbia.Cristo Luce del mondo conceda a ciascuno di noi questa Sapienza e il desiderio di cercarla, ancora e ancora.

Gli attacchi alla Chiesa Cattolica ci hanno stancato: una riflessione utile sulla questione ICI

''C'è chi ha sparato cifre enormi: 400, 700, 2.000 milioni di euro... In realtà quelle esenzioni rappresentano un investimento (perché questo è in realtà per lo Stato e per gli italiani, soprattutto i più piccoli, poveri e fragili) di circa 100 milioni di euro. Un investimento razionale, che produce frutti infinitamente maggiori in termini di solidarietà sociale''. Così il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, commenta oggi la pubblicazione delle stime ufficiali del Gruppo di lavoro sull'erosione fiscale, guidato dal sottosegretario all'Economia Vieri Ceriani, sul costo in termini di mancati introiti delle agevolazioni fiscali a tutte le realtà laiche e religiose (comprese quelle della Chiesa) che operano senza fini di lucro per scopi di utilità sociale.''Altro che 450 milioni di Ici non pagata dalla Chiesa - scrive il giornale dei vescovi nell'articolo dedicato alla questione -. Altro che 500 milioni, un miliardo o persino due miliardi di euro di imposta non versata dalle istituzioni cattoliche, come si è detto e scritto un po' a caso in questi mesi''. ''Finalmente, dopo tante cifre in libertà - prosegue Avvenire -, ecco un numero ufficiale e ponderato, in tema di immobili esenti dal pagamento dell'Ici: 100 milioni di euro''. E ''se tutte le attivita' sociali 'erodono' - si fa per dire - un gettito pari a 100 milioni di euro, è evidente che il dato riconducibile ai soli enti della Chiesa cattolica dovrà' essere molto inferiore'', annota ancora il quotidiano della Cei.

Riflessione aperta a tutti i cattolici e in particolare al Presidente del Consiglio Sen. Monti

“Arbeit macht frei”. Il lavoro rende liberi. Questa era la scritta di benvenuto assai menzognera posta all’ingresso di molti campi di concentramento nazisti.
A leggere la notizia del provvedimento di Monti contenuto nella manovra “Salva Italia” che riguarda la liberalizzazione degli orari dei negozi, ci è venuta alla mente per un gioco di libere associazioni questa drammatica scritta (anzi è meglio definirlo drammatico epitaffio).
Per quale motivo?
Il provvedimento, appena entrato in vigore, concede facoltà agli esercizi commerciali di decidere in piena autonomia gli orari di apertura e chiusura. Salta quindi il vincolo della mezza giornata di chiusura settimanale, e della chiusura alla domenica e nelle festività comandate.
Il popolo italico esulta: il 78% dei nostri connazionali è favorevole (fonte Ipsos).
Lo shopping diventa condizione esistenziale perenne. Già in precedenza si potevano chiedere deroghe , ma da ieri il percorso è stato reso ancor più agevole.
L’intento del governo è semplice: più si lavora, più si spende, meglio gira la ruota dell’economia. Il problema sta nel fatto che sotto questa ruota rimarranno schiacciate la persona e la famiglia.
Questo provvedimento è da bocciare per alcune motivazioni sia di carattere morale, che di natura psicologica-esistenziale, nonché sociale e - paradossalmente - anche economica. “Arbeit macht frei”. Il lavoro rende liberi.
Anche se questa scritta non fosse stata posta all’ingresso dei campi di concentramento nazisti con il chiaro intento di tranquillizzare e quindi ingannare i deportati, il contenuto della stessa rimarrebbe menzognero.
E’ la verità, cioè Cristo, che ci rende liberi, non il lavoro come invece ha suggerito il barbuto Marx o prima di lui il proto-liberale John Locke.
Questo non toglie che il lavoro può essere uno strumento per arrivare alla verità e quindi alla libertà, cioè se lo intendiamo e lo viviamo come mezzo per realizzare noi stessi e per santificarci. Ad esempio chi non lavora non ha i soldi per condurre un’esistenza dignitosa. Ma il lavoro diventa una schiavitù quando non è più inteso come mezzo ma come fine: lavorare per lavorare, oppure lavorare unicamente per far cassa, senza scopi ulteriori e più alti.
Il provvedimento di Monti costringerà i commercianti a lavorare sempre di più , anche di notte: il sole sul regno del libero mercato non tramonterà mai.
La facoltà di tenere aperto o chiuso il negozio a proprio piacimento è una favola perché a dettare le regole nel libero mercato è la concorrenza. Se la grande distribuzione avrà mezzi e risorse per aperture non stop, i piccoli commercianti non potranno che cimentarsi – forse inutilmente – in un’estenuante maratona per tentare di fronteggiare la concorrenza dei mega-store.
Dunque ecco che un provvedimento apparentemente liberale si mostra essere strumento per schiavizzare con il lavoro i commercianti.
L’inversione dei termini è disumanizzante : si vive per lavorare e non più, come si dovrebbe, si lavora per vivere. O, a specchio, come disse Gesù riferendosi al tempo del riposo: “Il sabato è stato fatto per l'uomo, e non l'uomo per il sabato”.
Il lavoro è in funzione della propria crescita personale, altrimenti si finisce per diventare una rotella di un meccanismo economico spersonalizzante.
Insomma pensavamo che il taylorismo fosse finito ma con Monti pare che ci sia un pericoloso revival di questo fenomeno.
Il riposo è occasione per recuperare i propri tempi esistenziali , la quiete è ristoro per la psiche e l’anima.
Non solo: il riposo è efficace prima di tutto per il lavoro stesso, perché permette di rinfocolare quelle energie interiori che consentono di rimetterci alla scrivania o al banco di lavoro con maggiore efficienza, maggior profitto ed inventiva. Anche Dio si riposò il settimo giorno. Forse che vogliamo essere migliori di lui?
Ma c’è un altro motivo per cui l’idea montiana è da rigettare . La domenica, le feste sono momenti dedicati a stare in famiglia. Nuovamente questa realtà sociale viene intesa dai politici in modo astratto: la famiglia semplicemente non esiste.
In questi ultimi anni si stava assistendo ad una migrazione al contrario delle donne dal mondo del lavoro al focolare domestico, soprattutto chiedendo il part-time. Segno questo, tra i molti, che la famiglia è vocazione incardinata nell’intimo del cuore di ogni uomo. Ecco che invece, proprio come nei campi di concentramento, il papà e forse anche la mamma verranno deportati nei centri commerciali a lavorare, volenti o nolenti, anche alla domenica. I negozi rimarranno aperti e le famiglie chiuderanno non per ferie ma per lavoro.
Inoltre questo provvedimento fa male per paradosso all’economia stessa . I sostenitori della proposta affermano che aumenteranno i posti di lavoro dato che gli orari si prolungheranno. A parte il fatto che anche se così fosse, ciò non giustificherebbe per i motivi sopra esposti la liberalizzazione degli orari, però viene da chiedersi perché l’Ascom, la Confesercenti e i sindacati sono sul piede di guerra.
Se ci fossero nuove assunzioni e più affari per tutti perché protestare? Il timore nasce da queste considerazioni. Primo: molto probabilmente non si faranno nuove assunzioni, ma si tenterà di allungare l’orario dei dipendenti già assunti oppure turnare con maggior frequenza gli stessi. Insomma più lavoro per chi già lavora, meno lavoro per gli altri. Ma ammesso e non concesso che invece ci saranno nuove assunzioni queste non compenseranno le perdite di posti lavoro conseguenti alla chiusura dei negozi che non reggeranno la concorrenza. Infatti le grandi reti di distribuzione potranno far fronte ad aperture prolungate, ma i piccoli esercenti molto probabilmente dovranno abbassare la serranda per sempre dato che non saranno in grado di farsi carico di nuove assunzioni. Questo anche a danno di una certa qualità dei prodotti e dei servizi tipici del negozio sotto casa dove, tra l’altro, il rapporto di fiducia tra cliente e commerciante è sicuramente un plus valore, introvabile nei centri commerciali.
Inoltre il panorama dei costumi delle nostre città cambierà in peggio . Una città che non dorme mai è una città schizofrenica e ansiogena, nervosa e snervante per i propri stessi cittadini, una città zombie, afflitta da un’insanabile insonnia per superaffaticamento. Parrà di vedere quella bufera infernale descritta da Dante nel V Canto che travolgeva le anime dannate e che non si arrestava mai.
Infine il lavoro notturno esporrà ad alcuni rischi i commercianti : con il favore delle tenebre aumenteranno di certo le rapine. Basta rammentare cosa accade negli States dove gli orari dei negozi hanno subito una deregulation ormai da tempo e i furti e le rapine notturne sono frequentissime.
Insomma pare davvero che la lezione che ci stava impartendo questa crisi non è stata accolta nel profondo: è proprio la dimenticanza delle esigenze profonde dell’uomo che ha prodotto questa situazione economica difficile.
Per paradosso lavorare fino allo sfinimento conserverà gli italiani in uno stato di crisi: morale, esistenziale e spirituale.

mercoledì 4 gennaio 2012

Il programma del nostro 2012: il messaggio della Gospa, nostra mamma, dato a tutti noi attraverso Mirjana il 2 gennaio



Cari figli,



mentre con materna preoccupazione guardo i vostri cuori, vedo in essi dolore e sofferenza; vedo un passato ferito e una ricerca continua; vedo i miei figli che desiderano esere felici ma non sanno come.



Apritevi al Padre.



Questa è la via alla felicità, la via per la quale io desidero guidarvi.



Dio Padre non lascia mai soli i suoi figli e soprattutto non nel dolore e nella disperazione.



Quando lo comprenderete ed accetterete sarete felici.



La vostra ricerca si concluderà. Amerete e non avrete timore.



La vostra vita sarà la speranza e la verità che è mio Figlio.



Vi ringrazio.



Vi prego: pregate per coloro che mio Figlio ha scelto. Non dovete giudicare, perchè tutti saranno giudicati.

Storia del Rosario

Da dove viene il Rosario, ancora oggi la preghiera preferita da centinaia di milioni di cattolici in tutto il mondo? Anne Winston-Allen, docente di germanistica alla Southern Illinois University, negli Stati Uniti d'America, fa il punto sulla questione - per la verità non poco controversa - in un volume pubblicato dalla Pennsylvania State University Press: Stories of the Rose. The Making of the Rosary in the Middile Ages, "Storie della rosa. La formazione del rosario nel medioevo" [1]. Riccamente illustrato, il libro non propone ipotesi rivoluzionarie. Ha tuttavia il merito di mettere a disposizione del pubblico i risultati di ricerche comparse spesso solo su riviste specializzate - dalla Germania agli Stati Uniti d'America e all'Italia -, non sempre facilmente accessibili.Molte delle controversie storiografiche derivano dalla definizione stessa del temine "Rosario". Per alcuni si tratta semplicemente di una sequenza di Ave Maria, o comunque di preghiere cristiane ripetute per un numero definito di volte. La storiografia tradizionale riteneva che questo tipo di sequenze fosse di origine orientale. Da una radice indiana shivaita il mondo islamico aveva tratto l'abitudine di recitare in sequenza reiterata i novantanove nomi di Allah, servendosi di apposite catenelle di novantanove semi; un analogo sviluppo nel mondo buddhista, sempre derivato da una radice induista e con possibili influenze mussulmane, era stato fatto conoscere all'Europa da Marco Polo. I crociati - secondo questa ipotesi storiografica - avrebbero importato in Occidente e adattato alla preghiera cristiana una pratica di origine orientale. Oggi tuttavia ipotesi formulate alla fine del secolo scorso dallo specialista tedesco Thomas Esser [2] hanno trovato ampie conferme, e nessuno studioso dubita dell'esistenza di stringhe o di cordicelle utilizzate per la preghiera reiterata nel mondo cristiano fin dai tempi dei Padri del Deserto, nei secoli III e IV dopo Cristo, ben prima delle crociate. Catenelle che si avvicinano già ai nostri rosari sono appartenute a Gertrude, figlia di Pipino I di Francia, morta nel 659, e a Lady Godiva di Coventry, morta nel 1041. L'uso di strumenti per tenere il conto di preghiere ripetute e così più antico della stessa Ave Maria, le quali origini risalgono al settimo secolo ma che si afferma nella forma attuale soltanto intorno all'anno Mille. Sembra che gli strumenti fossero inizialmente utilizzati per ripetere un certo numero di volte il Padre Nostro, da cui il nome di paternoster attribuito a un antenato dei nostri rosari. Cesario di Heistebach (1180-1240) loda le virtù di una matrona che aveva l'abitudine di recitare regolarmente cinquanta Ave Maria, e storie simili diventano relativamente comuni fra i secoli XII e XIII. I laici usano corone o rosari - zaplet in tedesco e hoedekins in fiammingo - da cinquanta, cento o centocinquanta Ave Maria; i religiosi e le religiose vanno anche molto oltre, come le domenicane del convento di Unterlinden, a Colmar, in Germania, che nel secolo XIII s'impegnavano a recitare mille Ave Maria al giorno e duemila nei giorni di festa. Non vi è dubbio, pertanto, che la pratica di recitare più volte la stessa preghiera servendosi di appositi strumenti sia di origine molto antica nel mondo cristiano, prescinda da derivazioni islamiche e sia stata applicata all'Ave Maria a partire almeno dal dodicesimo secolo.Per altri autori - ed è questa la terminologia preferita dalla stessa Anne Winston-Allen - perché si possa propriamente parlare di Rosario non è sufficiente la semplice reiterazione della stessa preghiera. Specifico del Rosario è in fatti l'abbinamento simultaneo di una sequenza di Ave Maria e di una serie di meditazioni sulla vita di Gesù Cristo e della Vergine. A partire almeno dalla storia del Rosario pubblicata don Franz M. Willam nel 1948 [3], gli storici ripetono che il Rosario rappresenta un'evoluzione dei salteri della Beata Vergine Maria, dove venivano ripetuti dapprima centocinquanta salmi con antifone cristologiche e mariane, poi solo le antifone o le antifone accompagnate da un Padre Nostro o da un'Ave Maria. Anne Winston-Allen osserva tuttavia che queste teorie non spiegano come si sia passati alle vere e proprie meditazioni sulla storia della salvezza, assenti nei salteri. A questo proposito tre teorie hanno dominato la ricerca storica. Una versione tradizionale, diffusa nel mondo cattolico sino alla fine del secolo XIX, attribuiva la nascita del Rosario meditato a san Domenico (1170-1221).Per circa un secolo, dagli anni 1880 al 1977, gli storici hanno seguito Thomas Esser secondo cui l'attribuzione tradizionale a san Domenico è il risultato di una confusione con un altro Domenico, un certosino di Treviri chiamato Domenico di Prussia (1384-1460), vissuto due secoli dopo il fondatore dei domenicani e che sarebbe il vero "inventore" del Rosario. Nel 1977, tuttavia, Andreas Heinz [4] ha scoperto un manoscritto con un Rosario meditato precedente di oltre cento anni rispetto a quello di Domenico di Prussia - e apparentemente ignoto a quest'ultimo, nonostante la prossimità geografica -, recitato dalle suore cistercensi di San Tommaso sulla Kyll, a una quarantina di chilometri da Treviri, intorno al 1300. Ma non è neppure sicuro - osserva l'autrice americana - che il documento scoperto da Andreas Heinz sia davvero il primo Rosario - meditato - in assoluto. Oggi si vanno diffondendo presso gli storici teorie di un terzo tipo, secondo cui il passaggio dai salteri della Beata Vergine Maria al Rosario meditato è un processo dinamico e graduale, a coronamento del quale Domenico di Prussia mantiene un ruolo fondamentale per la diffusione popolare della devozione. La versione del Rosario di Domenico di Prussia era piuttosto diversa da quella che conosciamo oggi. Comprendeva cinquanta meditazioni, una per ogni Ave Maria.Per i fedeli più semplici era ancora troppo difficile. Il domenicano Alano della Rupe (1428-1475) - un grande divulgatore della devozione, fondatore a Douai, in Francia, nel 1470 della prima confraternita del Salterio della Gloriosa Vergine Maria - obiettava che cinquanta Ave Maria erano troppo poche - ne chiedeva almeno centocinquanta -, e non amava il nome "Rosario", adottato invece - ma non inventato- dal certosino tedesco, colpevole di ricordare troppo la letteratura mondana che associava la rosa dell'amore profano. Alla fine tuttavia, osserva Anne Winston-Allen, i fedeli assicuravano il successo sia del nome "Rosario" sia di modelli non più complicati, ma più semplici rispetto a quello di Domenico. Dove esattamente siano stati adottati per prima gli attuali quindici misteri, cui corrispondono centocinquanta Ave Maria - nonché, quasi fin da subito, quindici Padre Nostro -, è oggetto di dispute fra gli storici. Si pensava che il metodo attuale fosse stato proposto per la prima volta da una delle più antiche opere a stampa sul Rosario, il Salterio di Nostra Signora, pubblicato per la prima volta a Basilea nel 1475 [5] è divenuto estremamente popolare nelle sei successive edizioni di Ulm [6], dove quindici incisioni - per altro non accompagnate da una spiegazione scritta - rappresentavano gli attuali misteri con il giudizio universale al posto della gloria del Paradiso o dell'incoronazione di Maria come quindicesimo mistero; la tradizione avverrà lentamente nel corso del Cinquecento. Tuttavia Stefano Orlandi nel 1965 [7] e Gilles Gèrard Meersseman nel 1977 hanno pubblicato gli statuti di confraternite fondate a Firenze nel 1481 e a Venezia nel 1480 che menzionano i quindici misteri, indizio possibile di una pratica italiana più antica, anche se Giovanni d'Erfordia, fondatore della confraternita di Venezia, era sua volta un domenicano tedesco. A poco a poco i quindici misteri vengono adottati anche dalle confraternite maggiori: la più importante era stata fondata a Colonia dal domenicano Jakobi Sprenger (1436 o 1438-1495) l' 8 settembre 1475, un giorno dopo la morte di Alano della Rupe, e contava fra i suoi primi membri l'imperatore Federico III. La storia delle confraternite del Rosario rappresenta un fenomeno sociale affascinante: in pochi anni arruolano centinaia di migliaia, forse milioni, di membri di tutte le classi sociali, e il loro carattere internazionale e autonomo suscita le lamentele di chi le considera un elemento capace di fare concorrenza al sistema delle parrocchie e delle diocesi: le controversie odierne in tema di movimenti, come si vede, non sono poi così nuove.La storia raccontata da Anne Winston-Allen è, fino a questo punto, la storia di un successo di cui si avrebbe torto a sottovalutare, secondo la studiosa americana, la quantità spirituale, spesso tutt'altro che disprezzabile. Il lettore protestante, che ha familiarità soprattutto con le feroci polemiche di Lutero contro il Rosario meno di cinquant'anni dopo la fondazione della confraternita di Jakob Sprenger, solleverà facili obiezioni. Certo, osserva Anne Winston-Allen alcune deviazioni facilmente attaccate da Lutero si erano effettivamente verificate in Germania, come la pratica, ammessa da alcune confraternite, secondo i più ricchi potevano pagare terzi per recitare il Rosario al loro posto e lucrare comunque i relativi benefici e indulgenze. Ma sarebbe sbagliato considerare le deviazioni come uniformemente diffuse. D'altro canto il Rosario s'inserisce nelle case religiose all'interno della riforma detta "osservante" del Quattrocento, un fenomeno che tocca tutti i maggiori ordini religiosi, si propone di reagire ad alcuni degli stessi abusi più tardi denunciati da Lutero e anticipa la Riforma cattolica.Se il Rosario recitato a pagamento per conto terzi corrisponde a una "teologia delle opere" che stupisce per la sua rozzezza, il successo del Rosario non nasce da questi abusi ma dal desiderio dei laici - e di non pochi religiosi - di meditare in modo ordinato e sistematico sulla storia della salvezza.Il poco che si chiedeva ai più - un quarto d'ora di preghiera meditata al giorno -, conclude la studiosa americana, rispetto al molto che le confraternite promettevano, attirava paradossalmente l'attenzione - in un modo, forse, ormai estraneo alla mentalità di Lutero - proprio sulla centralità della fede e sulla gratuità della grazia. Sono questi i motivi per cui il Rosario ha resistito alle critiche dei suoi detrattori e agli stessi abusi di certi suoi incauti promotori, conservando nella pietà cattolica il ruolo centrale che ha ancora ai nostri giorni.

ECCOCI MADRE, GUIDACI!


Mentre invitiamo a mantenere gli impegni quotidiani personali già presi, esortiamo per diventare “un cuor solo e un'anima sola” a mettersi in unione spirituale col Movimento in uno o più appuntamenti in modo costante.

Ore 7.30 Santo Rosario
Ore 12.00 Angelus (da Pasqua a Pentecoste Regina Coeli)
Ore 15.00 Coroncina della Divina Misericordia
Ore 17.20 Santo Rosario
Ore 17.40 * 18.40 (ora solare-ora legale) Apparizione della Vergine Santissima a Medjugorje
Ore 20.30 Santo Rosario
Ore 24.00 Santo Rosario
Ore 3.00 Coroncina della Divina Misericordia

Mercoledì e Venerdì: Digiuno a pane ed acqua. Per chi non può non un fioretto ma un "fiorone"... e comunque sempre digiuno dal peccato!

Terminiamo ripetendo sempre:
Maria, Regina della Pace e del Movimento, Madre mia: totus tuus!